La rivoluzione sulle palafitte

di Geraldina Colotti per CaracasChiama

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Nello stato del Delta Amacuro, in Venezuela, le popolazioni indigene che abitano le comunità fluviali si spostano sulle canoe e vivono su palafitte. Ma anche da loro è arrivata la Misión Vivienda, attraverso la quale il governo socialista si propone di fornire a chi ne ha bisogno una casa popolare arredata. Finora ne sono state costruite 700.000 in tutto il paese, e l’obiettivo è di arrivare ai 3 milioni entro il 2019. Per le comunità del Delta Amacuro, però, le case popolari vengono tirate su in forma di palafitte: ognuna di 70 mq, provviste di cucina e bagno. Nonostante le difficoltà incontrate per trasportare il materiale, finora ne sono state costruite 30, 15 per ogni località e si prevede di terminare l’intero lavoro entro fine anno. Un modo di rendere concreto quanto enunciato dalle linee strategiche del Plan de la Patria 2013-2019 in cui risulta centrale il tema dell’ambiente e il perseguimento di un nuovo modello di sviluppo: in grado di portare benessere e progresso ma senza distruggere le architetture originarie.

Un esempio del lungo cammino di civiltà compiuto dal socialismo bolivariano in soli 16 anni. Un approccio ai diritti e alle differenze ben distante da quel che accade nel mondo capitalista, dove i migranti muoiono nelle acque del Mediterraneo e i rom – anche se nati nel paese – vengono discriminati e scacciati. Un percorso in controtendenza rispetto ai canoni del neoliberismo per cui gli indigeni, prima di Chávez, non erano neanche censiti. Alla fine degli anni ’90, il 30% della popolazione controllava il 61% della ricchezza nazionale. Oggi, mentre in Europa la disoccupazione aumenta e i salari diminuiscono, in Venezuela avviene il contrario.

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Occultare i risultati ottenuti dall’economia socialista, che dedica più del 60% del Pil agli investimenti sociali, significa cancellare il “cattivo” esempio che può essere ripreso nel Nord del mondo. Per le classi dominanti europee, dar manforte alla borghesia parassitaria venezuelana, alla Confindustria, alle oligarchie che combattono con ogni mezzo per riconquistare il terreno perduto, significa quindi allontanare da sé lo spettro della disfatta e tutelare i propri privilegi. Dove non si arriva con la forza, con la guerra sporca e con il sabotaggio, si prova con la melina della cosiddetta ricerca del dialogo: per zavorrare il governo socialista, disinnescare le conquiste sociali, scontentare l’elettorato chavista, e intanto continuare a perseguire i propri affari.

Bene ha fatto, perciò, Nicolas Maduro, ad annunciare una virata a sinistra, rileggendo in questo senso la “lezione” di Allende in Cile. Le similitudini con le manovre dirette da Washington, che hanno portato al golpe pinochettista dell’11 settembre 1973, infatti non mancano. Allora, Nixon ordinava “di far piangere l’economia cilena”. Oggi, l’eco di quelle parole aleggia sul Venezuela bolivariano. Maduro ha spiegato che le politiche socialiste hanno mantenuto “tre paesi”: quello reale, che oggi ha un tenore sociale più alto da cento anni e che ha sconfitto la fame e ridotto drasticamente la disoccupazione; quello delle mafie interne, che prosperano sul contrabbando e sul mercato nero dei prodotti sussidiati; e quello delle mafie colombiane, che si arricchiscono con i traffici oltrefrontiera garantiti dai bachaqueros, gli accaparratori a pagamento. Un esempio per tutti: in Venezuela la benzina costa pochissimo, un pieno di 80 litri si paga 7,76 bolivares. In Colombia, la rivendono a 2.100 bolivares. Non passa giorno senza che la polizia scopra tonnellate di prodotti nascosti, pronti per il mercato nero. Un business che svuota il paese di quasi 40% dei suoi prodotti sovvenzionati. In questo, giocano la propaganda e gli allarmi, che spingono una popolazione ancora troppo influenzata dal consumismo, all’acquisto compulsivo. E poi c’è la piaga dei “raspacupos”: una rete di trafficanti si dedica a “raspare” le carte di credito su cui deposita il montante di dollari a prezzo agevolato richiesto per presunti viaggi che poi non vengono effettuati. In compenso, si passa la carta a qualcuno che va a “svuotarla” all’estero con acquisti inesistenti e rivende i dollari al mercato nero. Il chavismo ha istituito la possibilità che tutti possano richiedere una certa cifra annuale di dollari: così anche i meno abbienti possono effettuare viaggi all’estero. Le mafie, però, ne hanno subito approfittato. E ora il governo cerca di modificare le procedure per arginare il fenomeno.

Oggi, 7.000 imprese sono sotto inchiesta per uso irregolare di dollari. Una commissione speciale del Parlamento sta indagando sulla fuga di oltre 20.000 milioni di dollari sottratti da imprese fantasma, illegali o non iscritte al registro mercantile.

“Non ci sono più dollari per Fedecámaras”, ha detto Maduro rivolgendosi alla locale Confindustria, e ha fatto appello agli operai affinché assumano con più coscienza il controllo della produzione.

Negli ultimi 16 anni, la classe operaia ha ricevuto 28 aumenti del salario minimo, estesi anche ai pensionati. In questo anno determinante per il “laboratorio” bolivariano, comincia ora una nuova sfida.