I movimenti contro il latifondo mediatico

Geraldina Colotti il manifesto 06.03.2015

Venezuela. Intervista all’analista belga Thierry Deronne, direttore della Scuola di cinema popolare.

 

07est3regista-venezuela
Venezuela, il documentarista belga Thierry Deronne

 

 

“Un gior­na­li­sta di sini­stra, in occi­dente, quando descrive le cose buone della rivo­lu­zione boli­va­riana si sente sem­pre in dovere di pre­met­tere che lui però non è dog­ma­tico, che fa anche delle cri­ti­che, e magari con­fonde la libertà di impresa con la libertà di stampa”. Così dice al mani­fe­sto Thierry Deronne. Atti­vi­sta liber­ta­rio e ana­li­sta dei media di ori­gine belga, Deronne ha una lunga espe­rienza nel set­tore dell’audiovisivo. Dopo una per­ma­nenza in Nica­ra­gua, tra il 1986 e l’88, si è tra­sfe­rito in Vene­zuela, dove ha rea­liz­zato diversi docu­men­tari e, nel ’95, ha fon­dato la Scuola di cinema popo­lare. Durante il governo Cha­vez ha ideato varie tele­vi­sioni comu­ni­ta­rie ed è stato vice­di­ret­tore della tele­vi­sione pub­blica Vive Tv. Attual­mente, è diret­tore del Cen­tro de For­ma­cion en Tele­vi­sion Comu­nal alla Fun­da­cion Escuela Popu­lar de Cine, Tele­vi­sion y Tea­tro (Eplacite).

Qual è lo spi­rito e il pro­getto del Cen­tro che dirige?
Il nostro lavoro è quello di for­mare col­let­tivi, movi­menti sociali e abi­tanti delle comuni alla scrit­tura e alla nar­ra­zione deco­lo­niz­zata dalla tv com­mer­ciale per farne dei mol­ti­pli­ca­tori, nel paese e in tutto il con­ti­nente. L’obiettivo è anche quello di con­tri­buire al dibat­tito pub­blico sulla demo­cra­tiz­za­zione nel con­trollo delle fre­quenze radio­te­le­vi­sive e allo svi­luppo di nuovi para­digmi della comu­ni­ca­zione che raf­for­zino il potere popo­lare. Stiamo ripen­sando la tele­vi­sione comu­ni­ta­ria per come l’avevamo intesa nel 2000: nella pro­spet­tiva di una nuova tappa dello svi­luppo economico-produttivo in Vene­zuela, quello dello stato comu­nale, del mutua­li­smo e delle comuni auto­ge­stite. La ricerca di nuovi modi di pro­durre infor­ma­zione accom­pa­gna la ten­sione verso un nuovo modo di pro­durre e il sor­gere di nuove rela­zioni sociali.

Qual è la situa­zione dei media, com’è rego­lata l’informazione?
Dalla fine degli anni ’90, con l’arrivo di Hugo Cha­vez al potere, vi sono stati alcuni impor­tanti cam­bia­menti. Tra il 2000 e il 2010 sono state appro­vate la Ley orga­nica de Tele­co­mu­ni­ca­cio­nes (2000), la Ley de Respon­sa­bi­li­dad Social de Radio y Tele­vi­sion (2004) e la Ley de Respon­sa­bi­li­dad Social de Radio, Tele­vi­sion y Medios Elec­tro­ni­cos, che amplia la legge del 2004, appro­vata nel 2010. La costi­tu­zione boli­via­riana del 1999 ha aperto il cam­mino al plu­ra­li­smo dell’informazione garan­tito dallo stato. Un per­corso che, sul piano legi­sla­tivo, si è messo in mar­cia anche in altri paesi dell’America latina, in maniera diret­ta­mente pro­por­zio­nale alla demo­cra­tiz­za­zione del rap­porto tra stato e società. Penso all’Argentina, all’Ecuador, anche all’Uruguay e ora alle pos­si­bi­lità aperte con il secondo man­dato Rous­seff in Bra­sile, dove la situa­zione è ancora simile a quella del Vene­zuela pre-Chavez. Da noi, in que­sti anni, tutti i mezzi di infor­ma­zione sono aumen­tati, sia quelli pri­vati che pub­blici, che comu­ni­tari. Sia per quan­tità che per audience, i media con­ti­nuano a essere in mag­gio­ranza sotto il con­trollo del set­tore pri­vato, ma almeno il tele­spet­ta­tore ha un’offerta diver­si­fi­cata che non trova nei canali com­mer­ciali. Inol­tre, gra­zie al Fondo di respon­sa­bi­lità sociale, creato per finan­ziare i pro­getti degli arti­sti, que­sti non sono obbli­gati a ven­dere i loro talenti all’industria delle tele­no­ve­las come avviene in Brasile.

Negli anni in cui lei è stato vice­di­ret­tore, la Tv di stato fun­zio­nava in base all’orizzontalità, alla par­te­ci­pa­zione diretta e alla parità di sti­pen­dio per tec­nici e gior­na­li­sti. Com’è la situa­zione ora?
Dal mio punto di vista, si è perso molto di quel pro­getto ori­gi­nale, prin­ci­pal­mente a causa della guerra media­tica che ci impone una for­ma­zione acca­de­mica tra­di­zio­nale che adesso impera anche nei media comu­ni­tari. La spinta per ren­dere più plu­rale l’informazione è meno forte. Per esem­pio, non si parla più di sud­di­vi­dere in tre terzi il con­trollo dell’etere – pub­blico, pri­vato e comu­ni­ta­rio – come hanno fatto in Argen­tina e in Ecua­dor. Que­sto man­tiene in con­di­zione di infe­rio­rità i due ultimi set­tori, che invece sono quelli fon­da­men­tali alla garan­zia di un vero tes­suto demo­cra­tico e al suo equi­li­brio. Un’altra carenza è la man­cata appli­ca­zione delle leggi. E così, i media pri­vati hanno orga­niz­zato una gigan­te­sca cam­pa­gna di falsi allarmi che, all’inizio di gen­naio, ha indotto i cit­ta­dini a com­prare l’equivalente di tre mesi di con­sumo. Un con­te­sto di desta­bi­liz­za­zione che in parte ricorda il clima che, nel 1973, ha por­tato al colpo di stato con­tro Allende in Cile. Inol­tre, Cona­tel, l’autorità pre­po­sta al con­trollo delle fre­quenze, non fa rispet­tare abba­stanza la regola che impone ai media alter­na­tivi di tra­smet­tere il 70% di pro­du­zione comu­ni­ta­ria di con­te­nuti e di orga­niz­zare corsi di for­ma­zione per gli abi­tanti del ter­ri­to­rio. Molti spazi hanno perso il loro poten­ziale alter­na­tivo e rischiano di tra­sfor­marsi nella copia in sedi­ce­simo dei media com­mer­ciali. Come ha detto Igna­cio Ramo­net, l’egemonia dell’informazione com­mer­ciale con­ti­nua a inqui­nare l’ecologia della comu­ni­ca­zione e a con­di­zio­nare l’elettorato. Così vi sono stati passi indie­tro nei con­te­nuti di genere e le fem­mi­ni­ste si sono fatte sen­tire. Non può esserci vera demo­cra­zia senza demo­cra­zia dei media. Nel socia­li­smo boli­va­riano, si dovrebbe arri­vare al 60% di fre­quenze attri­buite ai media comu­ni­tari, un 29% a quelli pub­blici e l’1% a quelli commerciali.

Secondo l’opposizione c’è invece una deriva auto­ri­ta­ria in cui lo stato com­pra i media pri­vati per con­trol­larli e silen­ziare il dis­senso. La ten­denza sarebbe in corso anche in altri paesi come l’Ecuador, che si richia­mano al Socia­li­smo del XXI secolo. E’ così?
In Vene­zuela, sui gior­nali, in tv o per strada si sen­tono costan­te­mente le cri­ti­che più accese al governo, e nes­suno va in galera o perde il posto di lavoro. Anzi, come ha detto il cinea­sta Oli­ver Stone, in Vene­zuela i media pri­vati si pos­sono per­met­tere cose che mai potreb­bero fare negli Stati uniti, com­presi gli appelli alla vio­lenza e gli attac­chi per­so­nali. Detto que­sto, la Ley resorte che regola la comu­ni­ca­zione fun­ziona come in gran parte degli altri paesi del mondo, negli Stati uniti e in Europa: nes­suno può isti­gare all’omicidio del pre­si­dente, isti­gare alla vio­lenza, deni­grare le donne, inci­tare all’odio raz­ziale. Il rischio è piut­to­sto quello che per con­tra­stare la guerra media­tica – arti­co­lata in modo mas­sic­cio a livello locale e inter­na­zio­nale — si chiuda la strada allo svi­luppo del poten­ziale alter­na­tivo; che lo stato si lasci coop­tare o ricat­tare dal set­tore pri­vato o si lasci influen­zare nelle sue deci­sioni dalla sfera media­tica. In Vene­zuela non c’è uno stato omo­ge­neo, le forme del vec­chio stato “bor­ghese”, per dirla con le parole del pre­si­dente Maduro e dei mili­tanti di base, con­ti­nuano a esi­stere. Per for­ma­zione, abi­tu­dine o estra­zione sociale molti fun­zio­nari non cre­dono o non faci­li­tano la par­te­ci­pa­zione popo­lare. Per que­sto, mi viene da ridere quando i grandi media par­lano di «tota­li­ta­ri­smo boli­va­riano in mar­cia». Biso­gna invece raf­for­zare la lotta con­tro il lati­fondo media­tico, che accom­pa­gna quella dei movi­menti sociali come i Senza terra in Bra­sile, in tutta l’America latina. Abbiamo con­tro un potere media­tico tal­mente con­cen­trato che cerca di con­trol­lare idee e desi­deri della popo­la­zione sia negli spazi nazio­nali che a livello glo­bale, e che eser­cita una pres­sione ideo­lo­gica su qua­lun­que lotta sociale. Lo dico con rispetto, ma si è mai chie­sta per­ché un gior­na­li­sta di sini­stra dalle vostre parti se deve par­lar bene della rivo­lu­zione boli­va­riana si sente in dovere di pre­met­tere che lui non è dog­ma­tico e che è anche capace di cri­tica? La libertà di stampa, in Europa, coin­cide con la libertà d’impresa e con una falsa con­ce­zione del plu­ra­li­smo, tipica del gior­na­li­smo asser­vito al potere.

La casta politica mette alla prova la tolleranza del popolo cileno

Il seguente articolo della rivista cilena Punto Final ci offre una panoramica sulla situazione cilena ed un tentativo dal basso per la costruzione di un futuro migliore per il paese.

Un tratto particolare della nostra crisi –che laaggrava ancora di più- è che sembra non inquietare nessuno. Il popolo è assentedal dibattito, forse narcotizzato dalla televisione e dalla carta di credito; oforse con la sua indifferenza esprime una forma più profonda di ripudio allacasta politica.    

CHILE-Multitudinaria-Marcha-Familiar-AP_CLAIMA20110808_0155_7Il Cile, vittima dell’avidità, della corruzione, e dell’incompetenza della casta politica, si trova sommersa in una profonda crisi senza soluzione, nel contesto del modello economico e della Costituzione imposti dalla dittatura. Quella camicia di forza riproduce all’infinito gli abusi e le perversioni che hanno delegittimato le istituzioni, i partiti e gli organi dirigenti. La corruzione che generano è un’ombra viscosa che contamina tutto ciò che tocca, incluso la Chiesa e le forze armate.

Leggi tutto “La casta politica mette alla prova la tolleranza del popolo cileno”

Narrazioni Tossiche: Funzionari statunitensi, chiamati “terroristi”, deridono il divieto di entrare in Venezuela

cuacatumb

 

 

Quarto appuntamento con il mercoledì delle Narrazioni tossiche. Hannah Dreier firma per Associated Press (qui nella versione del Los Angeles Times, datata 1 marzo) un articolo che schernisce le iniziative del governo bolivariano, dando spazio alle arroganti repliche di tutti quei funzionari a stelle e strisce chiamati in causa dalle nuove direttive dell’amministrazione Maduro.

 

“I’ve always wanted to travel to a corrupt country that is not a free democracy. And now Castro’s lapdog won’t let me!” he wrote on Twitter.

 

I politici conservatori statunitensi, a cui il Presidente socialista Nicolas Maduro ha proibito di entrare in Venezuela, stanno prendendo la restrizione come una medaglia all’onore.

Sabato sera, Maduro ha disposto una serie di misure contro diplomatici e turisti nordamericani, includendo la promessa di limitare la presenza degli ambasciatori nel paese e imporre la necessità del permesso turistico.

Maduro ha inoltre rilasciato una lista di funzionari conservatori Usa a cui non sarebbe permesso di viaggiare in Venezuela. Fra questi, l’ex presidente George W. Bush, l’ex vice presidente Dick Cheney e numerose personalità del congresso.

 “Non possono venire in Venezuela perché sono  terroristi”, ha detto Maduro alla folla che ha radunato in protesta dell’imperialismo. “Fuori di qui, terroristi”.

Ileana Ros-Lehtinen, Rappresentante Repubblicana dello stato della Florida, dal profilo Twitter si è detta orgogliosa di essere nella lista, data la buona compagnia. Un altro Repubblicano, Mario Diaz-Balart, ha espresso un falso disappunto:

 “Ho sempre voluto viaggiare in un paese corrotto e senza democrazia. E ora il cagnolino di Castro non me lo permette!”, ha scritto su Twitter.

 Alcuni importanti critici dell’amministrazione Maduro vedono nel nuovo divieto l’opportunità di schiacciare il governo. Il Senatore Marco Rubio, Stato della Florida, ha detto in una nota che non c’è bisogno di andare a Caracas per fronteggiare il regime.

 “Non importa dove io sia, continuerò a mettere in luce le responsabilità di Nicolas Maduro e del suo regime sulle uccisioni, sull’abuso dei diritti umani e sul disastro economico in cui si trova il Venezuela”, ha dichiarato il Senatore.

Analogamente, il Senatore Democratico Bob Menendez, New Jersey, ha promesso che il divieto non avrà effetti sulla sua volontà di scagliarsi contro il governo Maduro.

 Gli Stai Uniti recentemente hanno proibito l’entrata nel paese ad alcuni importanti dirigenti venezuelani, accusati di violazione dei diritti umani.

 Il Ministro per le Relazioni Internazionali Delcy Rodriguez ha detto domenica di voler lavorare per rendere velocemente operativo il nuovo regolamento, aggiungendo che le restrizioni sui permessi sono una questiona di imparzialità.

 “Non è nulla di inusuale. I venezuelani devono sborsare dollari solo per richiedere il visto per andare negli Stati Uniti, anche se questi non sono garantiti”, ha detto il Ministro.

 Sabato, Maduro ha suggerito di voler spremere il numero dei funzionari nordamericani autorizzati in Venezuela, riducendoli da un centinaio di persone fino ad una manciata, mossa che potrebbe complicare la procedura del visto per i cittadini venezuelani. L’anno scorso l’ambasciata statunitense a Caracas sospese temporaneamente il rilascio del permesso turistico, ufficialmente per questioni legate ai dipendenti.

 La tensione è andata crescendo in Venezuela dopo che un poliziotto ha ucciso un quattordicenne durante una protesta anti governativa, e l’arresto del sindaco di Caracas da parte della polizia. Il Bolivar ha segnato un record negativo visto l’esteso utilizzo del mercato nero per il cambio di valuta, e l’indice di gradimento nei riguardi di Maduro sta marcendo verso un misero 20%.

 Critici di governo hanno manifestato per chiedere ai diplomatici vaticani in missione a Caracas l’intervento di Papa Francesco.

 Domenica, il primo Papa latino americano ha detto in un discorso pubblico che spera nella fine della violenza politica in Venezuela e nell’inizio di un dialogo costruttivo tra il governo e l’opposizione. Ha aggiunto che stava pregando per il ragazzo quattordicenne.

 

Articolo originale: http://www.latimes.com/travel/cruises/sns-bc-lt–venezuela-us-20150301-story.html

Consolidamento del potere cittadino, sanzioni inverse agli Stati uniti: così il Venezuela risponde al tentativo d colpo di Stato.

Articolo originale: Renforcement du pouvoir citoyen et des droits sociaux, sanctions envers les États-Unis : le Venezuela répond à la tentative de coup d’État

di Thierry Deronne. Traduzione di Lorenzo Mastropasqua

Interessante articolo sulle azioni intraprese dal governo venezuelano in seguito ai noti fatti del febbraio scorso, nei momenti di crisi, sia istituzionale sia economica, c’è chi risponde con la repressione chi con i diritti e democraziaMentre nel 1973 dei media occidentali che s’indignavano per il colpo di Stato perpetrato in Chile erano presenti, quelli di oggi scandiscono all’unisono: Presidente del Venezuela, si lasci destituire! É per il suo bene! Rinunciate a difendere la scelta degli elettori! Rinunci alla legge, alla costituzione. Se te arresti un putschista noi denunceremo la repressione in Venezuela! Il bulldozer informativo, già ben rodato per creare il personaggio Chavez, è stato reattivo nel fabbricare il tiranno Maduro che da lontano agita il pugno brutale per schiacciare meglio le folle mentre la voce felpata delle opposizioni di destra o dei portavoce della Casa Bianca, si scandalizzano di tanta violenza.

consejo-presidencial-para-personas-con-discapacidad

Addirittura durante il colpo di stato mancato contro Chavez nel 2002, non si è vista una tale intensità nei bombardamenti mediatici tesi a farci accettare la necessità di un intervento esterno, o di un colpo di Stato senza attendere le elezioni. É senza ombra di dubbio l’errore storico e suicida della sinistra europea: non aver democratizzato la proprietà dei media, aver lasciato il servizio pubblico mimetizzare “l’informazione” dei grandi gruppi privati. Quando arriverà un giornalista di un grande gruppo d’informazione che parli dei 40000 consigli comunali e dei consigli del potere cittadino che apportano la “materia grigia” in numerose decisioni governative in Venezuela?E il Maduro reale? Quello che non oscura gli obiettivi dell’AFP o della Reuters?Giovedi 26 febbraio, durante la creazione del nuovo consiglio delle persone disabili e anziane, ha approvato i finanziamenti per concedere 300 mila pensioni in più, elevando i beneficiari di questo diritto a 3 milioni di cittadine/i. Ha confermato la concessione di 10 000 alloggi sanitari per proteggere meglio le persone anziane. Si è congratulato con i dipendenti per la nuova missione sociale “Casa della Patria” che ha visitato in un solo finesettimana 200 comunità popolari e 25 mila famiglie: “Questo metodo ci permette di arrivare direttamente alle famiglie, evitando le mafie degli intermediari”.

Prima di cominciare sui territori un nuovo ciclo di “governo di strada”, Maduro ha ricordato l’ideale di fondo della sua politica: malgrado la guerra economica e la caduta dei prezzi del petrolio, niente austerità ma l’ampliamento di uno Stato sociale e partecipativo. Come ricorda il sindaco Rodriguez, ci attaccano perché siamo un governo di poveri. Solo nel socialismo le risorse sono amministrate in funzioni di quelli e quelle che hanno bisogno. Durante questa assemblea un documento arriva alle mani di Maduro. Annibale affetto da un’incapacità uditiva, uno dei rappresentanti del nuovo consiglio nazionale prende la parole in lingua dei segni: “Siamo 120 rappresentanti venuti da 24 regioni del paese, abbiamo lavorato insieme su queste proposte. É per questo che ho creato i consigli del governo popolare, per far si che il popolo prenda il potere, che assuma il potere politico e si converta in popolo-presidente ha risposto il presidente Maduro.

sabado

gls3425_dxo-632x421

Sabato 28 febbraio durante una mobilitazione popolare contro le ingerenze degli Stati uniti, il presidente a proseguito: il The Wall Street Journal ha scritto recentemente che è venuta l’ora di chiamarmi tiranno, io rispondo: “Sarei un tiranno perché non mi lascio destituire? E se lo lasciassi fare sarei un democratico? Il popolo dovrebbe permettere che si instauri un governo di transizione eliminando la costituzione? Io non lo permetterò e se ci fosse il bisogno mi batterei nelle strade con il nostro popolo e le nostre forze armate. Noi vogliamo costruire la pace, la stabilità la coesistenza, la vita in comune. Che farebbe il presidente Obama se è un colpo di Stato fosse organizzato contro il suo governo? Quelli che agiscono fuori i limiti della costituzioni, quelli che persistono nelle loro attività terroristiche e stecchiste saranno arrestati per essere giudicati; anche se il Wall Street Journal o il New York Times mi chiamano tiranno, non è questione di tirannia è semplicemente la legge.Durante questa marcia che ha percorso le strade di Caracas, Maduro ha firmato un decreto che indennizza le 74 famiglie vittime del Caracazo: nel 1989 dopo due giorni di sommosse popolari in seguito all’applicazione delle misure neo-liberiste pretese dall’FMI, il presidente social-democratico Carlos Andres Prezzar sospese le garanzie costituzionali e inviò l’arma a “ristabilire l’ordine”. In 72 ore tra le 2000 e le 3000 persone furono assassinate.

Maduro ha ricordato che questa stessa austerità feroce fa parte del piano che la destra venezuelana aveva previsto di applicare in caso di successo del colpo di Stato del 12 febbraio scorso. Fino all’elezione di Hugo Chavez, nessun governo aveva accettato di riconoscere le fosse comuni, le sparizioni e le torture. I 74 indennizzi decretati da Maduro si aggiungono ai 596 già accordati ad altre famiglie dal governo bolivariano.Per contro, il presidente ha annunciato 4 misure in risposta sia alle sanzioni imposte dagli Stati-uniti in violazione del diritto internazionale e denunciate dall’insieme dei paesi latino-americani sia alle 168 dichiarazioni ufficiali emesse dall’amministrazione Obama dal 2014 al 2015 contro il governo bolivariano:

ag_13811425255104
Domenica 1 marzo 2015. Il presidente Maduro rende omaggio alle vittime del massacro del “Caracazo” del 27 Febbraio 1989

– L’accesso al territorio venezuelano è interdetto ai funzionari statunitensi complici di azioni terroristiche e colpevoli di violazioni dei diritti dell’uomo e crimini di guerra. Tra loro l’ex presidente George W.Bush, l’ex vice presidente Dick Cheney, l’ex direttore della CIA George Tenet, notamente legati al massacro di centinaia di migliaia di iracheni sulla base delle menzogne delle “armi di distruzione di massa” e la creazione di centri di tortura( prigioni segrete in Europa, Abu Ghraid, Guantanamo, etc…” E’ interdetto anche il rilascio dei visti ai cittadii americani che hanno violato i diritti umani e hanno bombardato popolazioni civili”. La decisione concerne anche i congressisti d’estrema destra Bob Menendez, Marco Rubio, Ileana Ross-lehtinen e Mario Diaz-Balart, vicini alle reti terroristiche del cubano Posada Carriles che vive attualmente negli Stati-uniti sotto la protezione delle autorità.

-Adeguamento del numero dei funzionari dell’Ambasciata degli Stati-uniti a Caracas.Il governo degli Stati-uniti mantiene più di 100 impiegati mentre solamente 17 funzionari venezuelani sono autorizzati a lavorare a l’Ambasciata venezuelana a Washington. La ministra Delcy Rodriguez a ricordato che la facoltà di chiedere l’equilibrio del numero dei funzionari è disponibile per tutti i governi in virtù della Convenzione di Vienna.

-Reciprocità in materia di visti. I cittadini venezuelani che viaggiano negli Stati-uniti devono pagare per ottenere un visto. Di conseguenza per ristabilire l’ugualità di trattamento, gli statunitensi che visitano il nostro paese dovranno ottenere un visto e pagare ciò che pagano i venezuelani per viaggiare negli stati-uniti.

-”Fine delle riunioni dei funzionari statunitensi per cospirare sul nostro territorio”. I vertici i dell’ambasciata statunitense a Caracas sono stati informati sul fatto che “tutte le riunioni realizzate da essi nel territorio venezuelano dovranno essere notificate e approvate dal governo del Venezuela”.In conformità agli articoli 41 e 42 della Convenzione di Vienna.Maduro ha rivelato:” abbiamo individuato e catturato alcuni statunitensi ingaggiati nelle attività segrete, in particolare di spionaggio, che tentavano di reclutare persone nei villaggi confinanti con la Colombia sotto l’influenza paramilitare.Nello stato di Tachira abbiamo catturato un pilota statunitense di orgine latino-americana, che trasportava documenti molto interessanti. In questo momento ci sta rivelando i fatti”.

In conclusione del suo discorso, Maduro a riaffermato il suo rispetto per il popolo statunitense cosi come per la comunità afro-americana, ispanica e caraibica spesso vittime di violazioni dei diritti umani da parte del proprio governo. Ricordando che queste misure non sono prese contro di loro, ma contro l’elite che continua a erigersi gendarme mondiale e rifiuta di rispettare i principi della sovranità

Donne: schiave del Potere

 di Maddalena Celano, pubblicato il 28 febbraio 2015 su www.ilsudest.it

lydia-cacho-tras-la-entrevista-con-efe_1

Un inquietante e scandaloso dossier-giornalistico, un Fandango Tascabili(Collana Documenti), copertina bianca ed abbastanza maneggevole, riporta sin dalla prima pagina (l’ introduzione, a pag. 9) questo aneddoto:

Quando avevo sette anni mia madre raccomandava a me e mia sorella Sonia, ogni volta che uscivamo in strada, di evitare la “ruba-bambine”, una vecchia nota nel quartiere perché rapiva le femmine; le attirava regalando caramelle e poi le vendeva ad estranei. La parola equivalente in inglese, “kindnapper”, attualmente è utilizzata per indicare il sequesto di persone di qualsiasi età. Quarant’ anni dopo quelle lezioni infantili, ho scoperto che ciò che da piccola mi sembrava un aneddoto tratto da un racconto di Dickens era diventato, con il passare del tempo, uno dei problemi più seri del XXI secolo. La società in generale tende a considerare la tratta di bambine e donne come una reminiscenza di un passato in cui la “tratta delle bianche” era un commercio minore proprio dei pirati che sequestravano donne per venderle a bordelli di paesi lontani. Credevamo che la modernizzazione e le forze del mercato globale l’ avrebbero sradicata e che gli abusi contro l’ infanzia negli angoli sperduti del “terzo-mondo” sarebbero scomparsi al semplice contatto con le leggi occidentali e l’ economia di mercato. La ricerca che è alla base di questo libro dimostra esattamente il contrario. Il mondo sta sperimentando un autentico boom di reti organizzate che rapiscono, comprano e schiavizzano bambine e donne; le stesse forze che, in teoria, avrebbero dovuto sradicare la schiavitù l’ hanno invece potenziata a livelli inauditi. In tutto il pianeta stiamo assistendo allo sviluppo di una cultura che tende a rendere normali il rapimento, la sparizione, la compravendita e la corruzione di bambine e adolescenti, allo scopo di trasformarle in oggetti sessuali da affittare o vendere; una cultura che per di più promuove la mercificazione dell’ essere umano come fosse un atto di libertà o progresso. Soggiogate da un’ economia di mercato disumanizzante, che ci è stata imposta come destino ineluttabile, milioni di persone considerano la prostituzione un male minore e scelgono di ignorare lo sfruttamento e i maltrattamenti che comporta, insieme a un sempre maggior potere del crimine organizzato, dove più dove meno, nel mondo intero. Nella mappa internazionale del crimine organizzato mafiosi, politici, militari, imprenditori, industriali, guide religiose, banchieri, poliziotti, giudici, sicari e uomini comuni costituiscono un’ enorme catena che resiste da secoli. La differenza tra delinquenti solitari, o piccoli raggruppamenti di bande locali, e reti criminali globalizzate consiste nelle strategie d’ azione, nei codici di comportamento e nelle tecniche di mercato…La tratta di esseri umani, documentata in 175 nazioni – mette in luce la debolezza del capitalismo globale e la disparità provocata dalle regole economiche dei paesi più potenti; ma, soprattutto, evidenzia come la crudeltà umana e i processi culturali che l’ hanno rafforzata siano diventati un fenomeno ordinario. Ogni anno nel mondo 1.390.000 persone, nella stragrande maggioranza donne e bambine, sono ridotte allo stato di schiavitù….”.

Leggi tutto “Donne: schiave del Potere”

2015, sussulti e tumulti. Cosa spaventa i poteri forti mondiali?

Di Geraldina Colotti per Caracas ChiAma. 11000526_437590343073103_4428684316399498701_n

“La minaccia del chavismo”. L’etichetta utilizzata da certi media spagnoli per presentare gli articoli contro il partito Podemos racchiude perfettamente il senso del gigantesco attacco dispiegato contro il Venezuela bolivariano. Minaccia per chi, se il Venezuela di Chávez e Maduro non ha mai sganciato droni né inviato truppe d’occupazione?

Basta sostituire “chavismo”con “socialismo” e tutto diventa chiaro: la minaccia per i grandi potentati economici, per gli interessi delle classi dominanti a cui il chavismo ha messo un po’ di museruola. La paura dell’esempio, per quanto diluito e lontano dalla Grande Paura della rivoluzione bolscevica del 1917, che ha fatto tremare la borghesia per settant’anni.

Dall’89 in poi, vecchi e nuovi padroni delle ferriere pensavano di averla fatta finita davvero. E invece no, la minaccia è ricomparsa dall’interno del proprio “cortile di casa”, l’America latina. Addirittura dallo “scombinato” – ma petrolifero – Venezuela, pronto per essere impacchettato e servito secondo il modello Fmi. Una ricetta ampiamente assaggiata dalle classi popolari durante la rivolta del Caracazo del 27 febbraio 1989: circa 3.000 morti per le pallottole di militari e polizia scatenati dal governo di Carlos Andrés Pérez (A.D, centrosinistra).

Per la cronaca, a Caracas allora governava l’attuale sindaco metropolitano Antonio Ledezma, che rispose col piombo al popolo in cerca di pane: “Mano di ferro contro gli incappucciati”, dichiarava ai giornali in nome della democrazia modello Fmi.

Dopo aver complottato contro il governo Chávez nel golpe del 2002 ed essere poi stato amnistiato, Ledezma passa dalla parte degli “incappucciati”, che oggi animano la “rivolta dei ricchi” contro il socialismo. Per i grandi media, diventa così un campione di democrazia, mentre il governo Maduro viene presentato come “un regime” autoritario che viola i diritti umani. A furor di penna e sull’onda di una gigantesca velina di polizia, eversori e golpisti vengono trasportati nell’Empireo delle Vittime Meritevoli, mentre una democrazia votata e confermata per 15 anni e 19 elezioni, viene dipinta come una dittatura allo sbando, incapace di contenere al suo interno gli anticorpi di un’opposizione pacifica.

Leggi tutto “2015, sussulti e tumulti. Cosa spaventa i poteri forti mondiali?”