Conversazione con Soran Ahmad: segretario dell’Istituto Internazionale di Cultura Kurda.

“Quando la nostra disgrazia sarà consunta ed avrà fine? Ci sarà allora amica la fortuna e ci risveglieremo un giorno dal letargo? Un conquistatore emergerà tra noi e si rivelerà un re? Se noi avessimo un re il nostro denaro diverrebbe moneta battuta, e non resterebbe così sotto la dominazione del turco. Noi non saremmo rovinati nelle mani del gufo. Dio ha fatto così: ha posto il turco, il persiano e l’arabo sopra di noi. Mi stupisco del destino che Dio ha riservato ai Curdi. Questi Curdi che con la sciabola in mano hanno conquistato la gloria. Come è stato che i Curdi sono stati privati dell’impero del mondo e sottomessi agli altri? I Turchi e i Persiani sono circondati da muraglie curde. Tutte le volte che Arabi e Curdi si mobilitano, sono i Curdi che si bagnano nel sangue. Sempre divisi, in discordia, non ubbidiscono l’uno all’altro. Se noi fossimo uniti, questo turco, questo arabo e questo persiano sarebbero i nostri servitori”. Ahmede Khani in Memozin (risalente al XVII secolo)

 

 

 

1) Come nasce l’ idea di fondare un Istituto Internazionale di Cultura Kurda?
Come intende, l’Istituto Internazionale di Cultura Kurda, difendere il patrimonio culturale e storico del popolo kurdo?

S.A.: In realtà si tratta di un progetto concepito diversi anni fa. In passato vi sono stati diversi tentativi di realizzare iniziative di questo genere. Come succede in queste circostanze, spesso le idee si arensoran ahmedano.
Tuttavia cinque anni fa, nel 2011, tentai di contattare personalmente accademici, scrittori e intellettuali per proporre protocolli d’intesa, accordi, iniziative e programmi di seminari e convegni.
Le proposte andarono a buon fine, perciò siamo riusciti a stipulare diversi accordi con Accademie ed Istituti culturali, sia italiani e stranieri.
Nostro proposito è la  salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale di tutta la regione del Kurdistan, promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e della comunità scientifica sui temi della tutela del patrimonio culturale kurdo, caldeggiare attività di formazione, sia in loco che in Italia, concernente la storia ed il vasto patrimonio artistico e culturale del Kurdistan.
Obiettivi specifici del programma sono relativi alla necessità di proporre e realizzare incontri, seminari e corsi di formazione, favorire lo sviluppo del territorio kurdo e del vasto patrimonio artistico, anche attraverso un approccio partecipato di più enti ed individui coinvolti nel processo. Un’ esempio delle diverse iniziative realizzate è quella del 18 gennaio 2015 sui
“Mutamenti geopolitici in Medio Oriente, i casi di Shengal e Kobane, le prospettive future del Kurdistan”. Il primo incontro si tenne alla Camera dei Deputati, il secondo a Torino.
In cantiere vi sono numerosi altri progetti. Perciò suggerisco di consultare il sito: http://istitutokurdo.org/it/

2) Come mai la lotta per l’autodeterminazione kurda resta sostanzialmente misconosciuta, almeno fino alla Guerra del Golfo?

S.A.: Il Kurdistan per secoli si trovò incagliato tra le alterne vicende dell’ impero ottomano e dell’impero persiano.
Fino al XVI secolo i principi curdi continuarono a governare il proprio territorio situato a cavallo tra i due imperi, un periodo relativamente felice per i principati curdi che terminò con il Trattato di Gialdiran del 1514, con il quale si definirono e limitarono i confini dei principati-curdi con la Persia. In questo modo i Curdi si trovarono frazionai e sfruttati dallo Shah e dal Sultano-Califfo per calcoli strategici. Ebbe così inizio la lunga storia di questo popolo che si trovò impotente di fronte ai capovolgimenti delle alleanze del nemico. Probabilmente l’unica unione effettivamente concretizzata fu quella risalente al periodo del Sultano d’Egitto e Siria e Hijaz (dal 1174), più noto come Saladino. Fondatore della dinastia degli Ayyubidi è annoverato tra i più grandi strateghi di tutti i tempi, ma si trattò di un’ unione di carattere religioso. Dopo lunghi anni di ininterrotta guerriglia, si dovette attendere il funesto 1975 quando con un’intesa intercorsa tra l’Iraq e l’Iran, in occasione della conferenza dell’O.P.E.C. ad Algeri, si condusse alla resa finale del leader kurdo Mustafà Barzani, che si ritirò negli Stati Uniti e vi morì quattro anni dopo. La capitolazione fu criticata in quanto la guerriglia curda disponeva di forze ancora inalterate. Tuttavia fu comprensibile in quanto un eventuale tradimento dell’Iran avrebbe ben presto fatto mancare i mezzi materiali per continuare la lotta contro l’Iraq. Con l’accordo di Algeri, l’Iraq declinò la riva orientale dello Shatt-al-Arab a favore dell’Iran. Questa concessione fu la causa principale dell’invasione irachena del 1980. All’epoca della lunga guerra irano-irachena, i Curdi hanno ricostruito la guerriglia fino a controllare vaste zone di territorio montuoso sia in Iran sia in Iraq. L’apprensione irachena per le dimensioni assunte dal problema della guerriglia-interna ha spinto il governo centrale, non senza stimolare le reazioni di tutto il mondo occidentale e dell’O.N.U.,ad un massiccio intervento con armi chimiche contro la popolazione civile curda: Halabja è così diventata la Hiroshima curda.
La fine della “Prima Guerra del Golfo” nel 1988 ha prodotto un ulteriore aggravamento della posizione curda, ossequiando il copione secondo il quale un’intesa fra gli stati che sfruttano a proprio vantaggio la guerriglia curda non fa altro che peggiorare la posizione di quest’ultima, sia in uno stato sia nell’altro: prova ne è l’esodo dell’ottobre 1990 di numerosi guerriglieri e dirigenti politici curdi da Teheran verso l’ovest, in particolare Londra.
Dopo il crollo del muro di Berlino franò tutta l’impostazione strategica degli anni precedenti e lo scenario internazionale cambiò.
Certamente anche la caduta di Saddam Hussein ha fatto in modo che, per la prima volta nella storia, venisse catapultata nell’ agorà-mediatico, la “questione-curda”.

3) Come si è formata la sua identità?
Come vive il dilemma di essere membro di un popolo storicamente oppresso ed osteggiato?
Come influisce questo nella sua sfera privata?

S.A.: Si tratta di un’ aspetto che riguarda l’ identità, ma la stessa identità è qualcosa di molteplice. Ognuno porta dentro di sé una sudditanza verso il proprio vissuto ed il proprio background. Esiste un’ identità etnica, come esiste un’ identità familiare, di “classe”, di “genere” o religiosa. Non ho mai dimenticato di essere curdo ma, nello stesso tempo, non ho mai avuto problemi e chiusure verso l’alterità.
Mi sento, nel contempo, anche italiano.
Sono ugualmente cosciente di essere membro di un popolo perseguitato. Tento tuttavia di superare la questione facendo in modo che venisse maggiormente conosciuta la nostra realtà culturale, in modo tale che gli altri possano riconoscere elementi positivi in noi e viceversa.
Inoltre sono convinto che l’oppressione tanto è più grande, tanto si sviluppano notevoli capacità di resistenza, rinvigorendo così la tempra di un popolo.

4) Il popolo kurdo è un popolo oppresso da diversi anni, direi da vari decenni. Nonostante ciò, ha sempre ricevuto scarsa visibilità, non si è mai trovato sotto i riflettori di tutto il mondo. L’ oppressione spesso è stata vissuta nel silenzio. In che modo, queste ultime e continue attenzioni-mediatiche hanno influito nella percezione di voi stessi, della vostra identità?

S.A.: Ritengo che il nuovo indirizzo dei media e l’opportunità che stiamo vivendo in questo momento, cioè di disporre di vari riflettori-mediatici internazionali, sia un’ occasione unica. L’ opportunità di realizzare una società curda migliore.
L’ opportunità di acquisire maggiori capacità politiche nel gestire una situazione delicata, senza attribuire responsabilità agli altri.
Oggi abbiamo più impegni poiché abbiamo l’ occasione di avere maggiore visibilità e maggiore unione politica.
Se saremo abili e altrettanto capaci, probabilmente riusciremo a costruire una società curda migliore ottenendo, nello stesso tempo, più indipendenza.
Autonomamente da quello che “altri” possano dire o affermare a riguardo…

5) Mi rende fortemente perplessa il fenomeno di glamourizzazione della guerriglia-curda.
Il fatto che i media-occidentali abbiano ritratto e dipinto le soldatesse con modalità glamour,
rappresentandole come modelle di riviste di “tendenza”.
È vero che si raggiungono enormi masse, anche masse di individui assolutamente qualunquistici che, fino a ieri,
non erano consapevoli dell’ esistenza di un popolo kurdo.
Ma non pensa che sia anche un modo per “banalizzare” la complessa e drammatica storia del popolo curdo,
nonché la drammaticità dell’ attuale-situazione storica (mi riferisco alla lotta al terrorismo)?

S.A.: Il fatto che esistano diversi ragazzi, assolutamente inconsapevoli, che fino a ieri non conoscevano l’ esistenza di una “questione-kurda”, ma che attualmente appoggiano la causa di Kobane, mi rende felice.
Se un’ azienda di moda, come H&M, si ispira alle nostre “fogge” per creare abiti alla “moda”, vuol dire che abbiamo vinto, che abbiamo conquistato il mondo ed anche gratuitamente!
Inoltre ritengo che non ci sia nulla di drammatico e tragico nel combattere una guerra e nel vincerla.
Piuttosto non vi è nulla di più tragico e drammatico che correre il rischio che un’ identità-culturale e sociale venga cancellata e dimenticata dalla storia.
Questo non possiamo permetterlo! Perciò guardo con simpatia tutti i fenomeni (gli ultimi) che “flirtano” con i nostri costumi e la nostra cultura, anche se attraverso una “glamourizzazione” degli stessi.

6) Ma non pensa che questa massificazione possa anche costituire una “banalizzazione” della causa?
Renderne riduttivo il senso ed il messaggio.

S.A.: Fino ad ora, la grande-stampa, quella “ufficiale” (mi riferisco a Repubblica, Il Corriere della Sera, il Messaggero, etc.) è sempre stata molto corretta ed attenta nel descrivere gli ultimi accadimenti dal mondo curdo.
Indubitabilmente esistono anche “provocatori” e persone che tentano di “deformare” e “volgarizzare” il nostro messaggio,
ma la questione non ci riguarda.
Si tratta di minoranze o fenomeni marginali. In questo preciso momento abbiamo questioni più gravi ed urgenti da affrontare.
Non vi è alcun proposito di indugiare oltre su “quisquilie” riguardanti il mondo della “comunicazione”,
almeno fino a quando la grande-stampa internazionale continuerà ad agire correttamente ed obbiettivamente nei nostri confronti.

7) Lei ritiene che il popolo kurdo abbia ricevuto un’ adeguato supporto-internazionale nella lotta al terrorismo dell’ Isis?
O vi sono state delle omissioni?

S.A.: Il popolo curdo è un attore come tanti, in questa guerra al terrore.
Certamente è uno degli attori principali e probabilmente tra i più colpiti.
Ma esistono delle alleanze militari con altri popoli ed altri governi.
Il popolo curdo ha portato a termine degli accordi.
Grazie a questi accordi abbiamo acquisito un riconoscimento internazionale nella lotta al terrorismo.
Le nostre guerrigliere hanno dato un enorme contributo alla lotta ma non erano sole.

8) Il Confederalismo Democratico (noto anche come comunalismo curdo o apoismo), è la proposta del Movimento di Liberazione Curdo per procedere nella liberazione del Kurdistan, in che modo questa dottrina viene interpretata ed applicata nell’ attuale Kurdistan-Iracheno?
Democrazia, socialismo, ecologismo e femminismo, sono i concetti-chiave per comprendere il Confederalismo Democratico del Movimento di Liberazione Curdo.
In che modalità il Kurdistan-Iracheno vive questi nuovi paradigmi? Come fece notare Andrés Pierantoni G. alla conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista II” tenutasi ad Amburgo il 3-5 Aprile 2015, in Bolivia ed Ecuador, il concetto di Plurinazionalismo si intreccia con le comunità indigene o afro-discendenti radicate alla loro “Pacha Mama” e alle loro tradizioni, come lo sono le comunità del Rojava; nel caso del Venezuela, invece, è tipico di comunità per lo più urbane e sradicate, simili ai ghetti curdi, ad esempio nella periferia di Istanbul.
Ocalan affermò che “il confederalismo democratico”, propone:
un tipo di auto-amministrazione in contrasto con l’amministrazione dello Stato-nazione … Nel lungo periodo, la libertà e la giustizia può essere raggiunta solo all’interno di un processo confederale e democratico dinamico. Né il totale rifiuto, né il pieno riconoscimento dello Stato sono utili per gli sforzi democratici della società civile. Il superamento dello Stato, in particolare dello Stato-nazione, è un processo a lungo termine”.
In quale circostanza il popolo curdo comprese che progetto di costituire un classico modello di Stato-Nazione, in realtà, si presenta come impresa sconveniente ed inefficace?
Come ci si relaziona ai nuovi valori?

S.A.: Questa dottrina non è molto diffusa nel Kurdistan iracheno ma viene promossa nel Kurdistan turco ed ha trovato una sua prima-applicazione nel Rojava (Kurdistan-Sirano).
Il Kurdistan-iracheno attualmente è lontano dall’ “apoismo” ma ne condivide il progetto di comunità “non statale”, l’ idea di una creazione di comunità autonome confederate come critica allo Stato-Nazione di matrice continentale, in quanto percepito come ostacolo al diritto dei popoli ed alla loro autodeterminazione. Il confederalismo democratico sarebbe, quindi, un’ idea ampiamente condivisa anche nel Kurdistan-Iracheno.
Il progetto resta quello di riuscire a creare vari Stati-Federati Kurdi, autonomi ed indipendenti.
Attualmente, nel Kurdistan-Iracheno non è molto vivace il dibattito sull’ ecologia. Mentre esiste da più di un secolo un movimento femminista, nato e sviluppatosi attraverso le varie lotte partigiane.
Le prime femministe erano attiviste della sinistra-laica irachena. La donna, nella comunità kurda, ha sempre avuto un ruolo-chiave o di primo piano.
Nella società-curda se la donna è capace e desidera diventare ingegnera, dirigente o ambisce ad una carriera-politica non incontra molte difficoltà od opposizioni nel realizzare i propri desideri.
L’ autorità di una donna è facilmente accettata.
Tutt’ ora, se si passeggia tra i villaggi kurdi più tradizionali, è facile incontrare donne-kurde vestite in fogge maschili ed immerse, spesso, in attività e mestieri in altre culture considerati prettamente “virili”, come portare mattoni, costruire o riparare case, etc.
Nonostante ciò, sono ancora molto diffusi (come in tante parti del mondo) casi di stupro e/o di violenza-domestica.
Tuttavia l’ attuale governo iracheno garantisce, a tutte le donne che hanno subito violenza,
servizi di assistenza sanitaria e psicologica gratuita, nonché assistenza-legale e varie forme di “protezione”.
Nell’ amministrazione pubblica e politica sono stati fissati dei parametri ben-precisi:
si garantisce per ogni carica un 30% di quote rosa.
Tutte misure ampiamente rispettate e mai messe in discussione.
Il popolo kurdo tutt’ ora è attaccato e perseguitato dal terrorismo e dall’ integralismo anche
grazie alla sua laicità ed ad una maggiore attenzione dimostrata verso il mondo femminile.
Aspetti che, nell’ attuale contesto Mediorientale, minato da varie forme d’ integralismo, terrorismo e nazionalismo-militarista,
non sono visti di buon occhio.

11) In che modo avete guardato (o guadate tutt’ ora) all’ esperienza Latino-Americana?
S.A.: Non sono molto “addentrato” nella questione… So che diversi intellettuali e diversi giornalisti notano insolite similitudini, concomitanze e sincronismi tra l’ esperienza del Plurinazionalismo latino-americano di ispirazione Bolivariana ed il nostro Confederalismo-democratico.
Sarebbe senz’ altro utile, per il futuro, creare un’ osservatorio-politico che approfondisca ed esamini le corrispondenze e le similitudini tra i due modelli proposti.

 

                                                                                                                                 Maddalena Celano

 

Articolo tratto da www.ilsudest.it

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