Obama incontra il presidente del Venezuela parallelamente al Summit

Per il mercoledì Narrazioni tossiche: sabato 11 Aprile, sulle maggiori testate nazionali, Associated Press ci presenta un Maduro remissivo e in difficoltà, alle prese con un Obama concreto e protagonista nella salvaguardia, e nella diffusione, dei valori democratici.

 

President Obama indicated our strong support for a peaceful dialogue between the parties within Venezuela,” said Bernadette Meehan, a spokeswoman for the White House’s National Security Council. “He reiterated that our interest is not in threatening Venezuela, but in supporting democracy, stability and prosperity in Venezuela and the region.

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Sabato il presidente Barack Obama ha incontrato privatamente il suo omologo venezuelano, in mezzo all’aspra disputa fra le due nazioni dopo le recenti sanzioni Usa sui sette funzionari venezuelani.

L’incontro tra Obama ed il presidente Nicolas Maduro ha avuto luogo parallelamente al Summit delle Americhe e, secondi fonti della Casa Bianca, non autorizzate però ha rilasciare un commento ufficiale, è durato solo pochi minuti.

Lo scontro è avvenuto dopo che l’amministrazione Obama ha dichiarato che la crisi economica e politica in Venezuela è una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti, e il congelamento dei beni nel paese di sette funzionari, accusati di violazione dei diritti umani nelle proteste antigovernative dello scorso anno in Venezuela.

Maduro e gran parte dell’America Latina hanno condannato l’azione come un ritorno ai tempi della Guerra Fredda, azione che aumenta solo la tensione in un Venezuela profondamente diviso, in cui l’opposizione chiede le dimissioni di Maduro.

“Il presidente Obama ha indicato il nostro forte supporto per un dialogo pacifico fra la parti in Venezuela”, ha detto Bernadette Meehan, portavoce per il Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. “Ha ripetuto che il nostro interesse non è intimidire il Venezuela, ma supportare la democrazia, la stabilità e la prosperità in Venezuela e nel resto della regione.”

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In seguito Maduro ha descritto l’incontro come franco e cordiale, dicendo che i dieci minuti di consultazione possono aprire la strada per un significativo dialogo fra le due nazioni nei prossimi giorni.

 “Gli ho detto che non siamo nemici degli Stati Uniti” ha dichiarato Maduro. “Ci siamo detti vicendevolmente la verità.”

Obama non ha menzionato il confronto nelle osservazioni alla conclusione del summit.

Ma durante un intervento, Obama ha difeso il diritto della sua amministrazione di criticare linee politiche con cui non si trova d’accordo.

“Quando parliamo apertamente di qualcosa come i diritti umani, non è perché pensiamo di essere perfetti, ma perché riteniamo che il concetto di non imprigionare persone se non sono d’accordo con te, sia quello giusto” ha detto hai leader regionali, senza menzionare direttamente il Venezuela.

Articolo originale:
http://www.nytimes.com/aponline/2015/04/11/world/americas/ap-americas-summit-obama-maduro.html

Raccolta Firme: IL VENEZUELA NON É UNA MINACCIA, SIAMO UNA SPERANZA

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Popolo del Venezuela, popoli fraterni del mondo, il Venezuela è stato ingiustamente aggredito.
Il passato 9 marzo, il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha sottoscritto un Decreto Esecutivo dichiarando la Patria di Bolívar una minaccia per la sicurezza nazionale statunitense.
Questo tipo di dichiarazioni, come dimostra la Storia, hanno avuto funeste conseguenze sul nostro continente e in tutto il pianeta.
Davanti a questa nuova aggressione, alziamo le bandiere della legalità internazionale, e sosteniamo la giustizia e l’unione dei nostri popoli.
Il Venezuela sa che non è solo. Il 14 marzo scorso, l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) ha emesso un comunicato storico, che segna l’inizio della costruzione di una dottrina in rifiuto del tentativo unilaterale di applicare sanzioni o minacciare i paesi con l’uso della forza politica, finanziaria o militare.
Come Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ho inviato una lettera al popolo degli Stati Uniti e al Presidente Obama, esponendo le verità sul Venezuela, denunciando l’aggressione ed esigendo, in nome dell’immensa moralità del popolo di Bolívar, che venga derogato il Decreto presidenziale che minaccia la nostra patria.

Vi invito a sottoscrivere questa lettera in appoggio al comunicato dell’UNASUR che rifiuta il Decreto esecutivo di Barack Obama e ne esige l’abrogazione.

Siamo un popolo di pace e difenderemo la pace in piedi, con dignità e con giustizia.
La nostra vittoria sarà sempre la pace!

firmaMaduro

Scarica i moduli per la raccolta firme:
Formato recolleccion de firmas campaña obama deroga el decreto ya

 

Dagli USA all’Europa. La guerra sporca contro la speranza.

ebmVenedi Geraldina Colotti per CaracasChiAma

Un tweet da record in solidarietà con il Venezuela di Nicolas Maduro: L’etichetta “Obama, abroga il decreto subito”, nella sua versione originale – “#ObamaDerogaElDecretoYa” – è balzata subito al primo posto nelle tendenze locali, e al secondo negli Stati uniti nella formula inglese (#ObamaRepealTheExecutiveOrder): quasi 2 milioni nelle prime ore del 20 marzo, oltre 6.500 tweet al minuto. Un record nella storia delle reti sociali. Avanza a ritmo serrato anche la campagna di firme (più di cinque milioni negli ultimi giorni di marzo) che si propone lo stesso obbiettivo: dire agli Usa che “il Venezuela non è una minaccia, ma una speranza”. Maduro ha deciso di spiegarlo “al coraggioso popolo degli Stati uniti” anche acquistando una pagina sul New York Times.

Il responsabile della campagna è il sindaco di Caracas, Jorge Rodriguez, dirigente del Partito socialista unito (Psuv): “Il Venezuela è un popolo di pace – ha detto Rodriguez – invece, gli Stati uniti hanno la spesa militare più alta del mondo, si sono arrogati il diritto di invadere 92 paesi e di intervenire militarmente in 14 dei 21 territori situati a sud del Rio Grande. Hanno invaso Panama sei volte, 11 volte il Nicaragua, hanno rubato 2/3 del territorio al Messico, e pilotato le violenze del 2014 in Venezuela. Non è possibile che un paese si creda il gendarme del mondo e pretenda di governare per decreto gli altri stati”.

ebmVene3La campagna si propone di raggiungere 10 milioni di firme, da consegnare al presidente Usa – che il 9 marzo ha definito il Venezuela “una minaccia eccezionale per la sicurezza degli Stati uniti” – in occasione del prossimo vertice dell’Organizzazione degli stati americani (Osa). Il summit si terrà a Panama il 10 e l’11 aprile e per la prima volta vi parteciperà anche Cuba. Il decreto di Obama mette al centro le sanzioni a 7 funzionari del governo Maduro per presunte “violazioni dei diritti umani dell’opposizione”. Al contempo, apre però la porta a un disegno più insidioso che potrebbe portare a una situazione di blocco economico come quella disposta contro Cuba. Molti analisti rilevano una “strategia del caos” e del discredito, portata avanti dai media per saggiare la possibilità di un intervento militare. Una tesi sostenuta dalla ministra degli Esteri venezuelana, Delcy Rodriguez in un’infuocata sessione del Consiglio permanente Osa, che si è svolta a Ginevra. Rodriguez ha denunciato che alcuni conti all’estero delle diplomazie sono già stati bloccati, e che questo costituisce “una violazione al diritto internazionale”. Ha detto che “interessi egemonici pretendono impossessarsi della maggiore riserva di petrolio del mondo” e che le sanzioni di Obama “implicano interventi militari e aggressioni di altro tipo, come il blocco finanziario”. In questo modo – ha aggiunto – “i funzionari che agiscono per difendere la sicurezza dei cittadini in qualunque altra parte del mondo devono temere che un altro paese si attribuisca la facoltà di giudicarli per il compito che svolgono”. L’ambasciatore Usa, Michael J. Fitzpatric, ha ribattuto che il suo paese “non sta preparando un’invasione del Venezuela, né pretende di destabilizzare il governo Maduro”, e ha sostenuto che il governo Obama “vuole solo evitare che una serie di individui che pensiamo abbiamo violato i diritti umani di altri venezuelani possano venire negli Usa o investire nel nostro sistema finanziario”. Il Venezuela ha replicato che tutto il denaro depositato all’estero dai venezuelani senza giustificazione dev’essere rimpatriato: a partire da quello dei banchieri fraudolenti fuggiti a Miami coi soldi dei cittadini.

Il decreto Obama ha comunque avuto l’effetto di ricompattare la solidarietà di tutti gli organismi regionali intorno al Venezuela: dall’Alba alla Unasur, alla Celac (tutti gli stati americani meno Usa e Canada), e al blocco dei Paesi non allineati (120 nazioni), ad alcuni rappresentanti dei Brics, come Brasile, Russia e Cina, che hanno appoggiato Maduro. Con l’elezione dell’uruguayano Luis Almagro (del Frente Amplio) alla direzione dell’Osa, la musica può cambiare anche all’interno dell’organismo, sempre subalterno agli Stati uniti.

Certo, l’ex presidente uruguayano Pepe Mujica ha dovuto rettificare le dichiarazioni dell’attuale vicepresidente Raul Sendic (“non ci sono prove di un’ingerenza degli Sati uniti in Venezuela”). Le parole di Sendic (figlio dello storico dirigente fondatore dei Tupamaros) hanno fatto spostare a Quito la prevista riunione di Unasur dopo la reazione offesa di Caracas. L’elezione del ben più moderato Tabaré Vazquez alla guida dell’Uruguay sposterà nuovamente lo sguardo di Montevideo più verso Washington che verso Caracas? Per ora, la sinistra uruguayana ha deciso di far sentire un’altra musica organizzando una partecipata manifestazione in solidarietà col Venezuela bolivariano. A guidarla, l’ex presidente Pepe Mujica, accompagnato proprio dall’attuale vice Raul Sendic.

Anche il colombiano Ernesto Samper, attualmente alla segreteria di Unasur, ha dovuto seguire l’indirizzo finora assunto dal blocco regionale: “Se gli Stati uniti vogliono stabilire una nuova relazione, a partire dal rientro di Cuba nella famiglia interamericana, dovranno considerare che l’unica strada possibile è quella del multilateralismo”, ha detto Samper. Le sue dichiarazioni arrivano dopo la richiesta del governo Usa di aumentare le spese di bilancio per il Latinoamerica di circa il 35% nel 2016. Si arriverebbe così intorno ai 2 milioni di dollari, prevalentemente destinati a foraggiare la cosiddetta “libertà di stampa”, i cosiddetti “diritti umani” (dei ricchi) e la cosiddetta “democrazia” (borghese): principalmente a Cuba, in Venezuela, in Nicaragua e in Ecuador. Unasur porterà perciò a Panama una proposta forte: via tutte le basi militari Usa dal territorio latinoamericano. Il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño, che rappresenta la parte più a sinistra del governo Correa, guida invece il gruppo di “facilitatori” nominato dall’Alba per mediare tra Stati uniti e Venezuela.

Il decreto di Obama si riverbera anche nelle dinamiche politiche interne al Venezuela, di fatto già in campagna elettorale per le decisive elezioni parlamentari previste entro l’anno. E c’è chi cerca di trarne vantaggio anche nel campo dell’opposizione e di usare a proprio profitto la bandiera del nazionalismo: per captare i voti degli indecisi (il 40%, secondo le inchieste di opposizione) e immaginare una “terza via” tra chavismo e Mesa de la Unidad Democratica (Mud). L’idea è venuta al deputato di opposizione Ricardo Sanchez, che si è distinto per aver votato in Parlamento la “legge abilitante antimperialista” che concede a Maduro di promulgare decreti per nove mesi. Attorniato dai giornalisti, Sanchez è andato in piazza a firmare contro il decreto Obama, ed è stato definito dai chavisti “un eroe” del suo campo, capace di esprimersi fuori dal coro.

Ma intanto, a Miami, l’opposizione più fanatica raccoglie firme per chiedere un intervento Usa, sostenuta dai suoi potenti padrini, in Nordamerica e in Europa. Diverse centinaia di parlamentari, spagnoli e latinoamericani (della destra o del centro-sinistra moderato) stanno preparando una denuncia alla Corte penale europea contro il governo Maduro per “violazione ai diritti umani”. Uno strappo in più per isolare il governo Maduro nel panorama internazionale.

E intanto, le grandi istituzioni finanziarie accelerano le cause pendenti sul Venezuela e gonfiano la richiesta di indennizzo per le nazionalizzazioni decise da Chavez: tutto serve a dare l’idea di un paese in bancarotta e di un governo incapace di tenere il timone.

L’attacco al Venezuela socialista, alle sue risorse petrolifere e al suo indirizzo anticapitalista, evidenzia così il senso e la portata di una battaglia che va ben oltre i confini del paese bolivariano. Evidenzia, anche, il ritorno indietro e la debolezza di chi, in Europa, dovrebbe ricostruire il campo dell’alternativa. “Il proletariato non ha nazione, internazionalismo, rivoluzione”, gridavano le piazze italiane negli anni ’70. Oggi, dopo la sconfitta di quel grande ciclo di lotta, i vincitori hanno riscritto la storia: capovolgendo il senso di quella battaglia campale, occultano la natura della disuguaglianza e delle asimmetrie. Seminano la “metafisica della rassegnazione” o la politica del “male minore”. Per le classi dominanti e per i pompieri del conflitto sociale, il socialismo bolivariano è il nuovo “fantasma che si aggira per l’Europa”. Una bandiera e una speranza per chi vuole liberarsi dalle loro catene.

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Gruppo 77+Cina: Dichiarazione in appoggio al Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela

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Il Gruppo dei 77 + Cina esprime il rifiuto della recente decisione del governo degli Stati Uniti d’America di ampliare le sanzioni unilaterali contro il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, stabilite attraverso un Decreto Esecutivo firmato dal Presidente Barack Obama il 9 Marzo 2015, in cui si dichiara “un’emergenza nazionale a causa della minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti rappresentata dalla situazione interna del Venezuela”.

Allo stesso modo, ribadisce l’importanza della Dichiarazione adottata durante il Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Gruppo dei 77 + Cina, riunitosi a Santa Cruz de la Sierra, in cui si rifiuta fermamente l’imposizione di leggi e regolamenti ad effetto extraterritoriale e di ogni altra misura economica coercitiva, incluse le sanzioni unilaterali contro i paesi in via di sviluppo.

Il Gruppo dei 77 + Cina, deplora la misura e ribadisce il suo fermo rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Inoltre, il Gruppo dei 77 + Cina pone anfasi sulla necessità di rispettare il diritto internazionale, così come i principi e i propositi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e nel Diritto Internazionale, in riferimento alle relazioni d’amicizia e cooperazione tra gli Stati e in conformità alla Carta delle Nazioni Unite. Il G-77 + Cina, sottolinea il contributo positivo del Venezuela nel rafforzamento della cooperazione Sud-Sud, della solidarietà e delle relazioni d’amicizia tra i popoli e le nazioni per promuovere la pace e lo sviluppo.

Il Gruppo dei 77 + Cina, esprime solidarietà e appoggio al governo venezuelano, colpito da queste misure che non contribuiscono, in alcun modo, al dialogo politico ed economico e alla mutua intesa tra i paesi. Inoltre, esorta la comunità internazionale ad adottare misure efficaci ed urgenti atte ad eliminare l’uso di misure economiche coercitive unilaterali contro gli Stati e in particolare contro i paesi in via di sviluppo.

Il G-77 + Cina, lancia un appello al governo degli Stati Uniti affinchè valuti e implementi soluzioni alternative di dialogo con il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, basate sul principio di rispetto della sovranità e dell’autodeterminazione dei popoli. Di conseguenza, chiede l’abrogazione del suddetto ordine esecutivo.

New York, 25 Marzo 2015

Fonte:
http://italia.embajada.gob.ve/index.php?option=com_content&view=article&id=318:g77china-transmite-su-apoyo-al-gobierno-y-pueblo-de-venezuela-&catid=3:noticias-de-venezuela-en-el-mundo&Itemid=19

Sì, il Venezuela è una minaccia per la sicurezza

Per il mercoledì delle Narrazioni tossiche: Carlos Alberto Montaner firma questo articolo per il Miami Herald – 16 marzo 2015 – in cui ci dimostra come gli specchi, più che fornire appigli per scalare la parete della menzogna, la riflettono.

Venezuela is indeed a risk to the security of the United States, not because it violated the democrats’ human rights — that was the excuse — but because of three activities that are codified in the doctrinary definition that indicates where the danger to U.S. society begins or intensifies.

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CARACAS: Un sostenitore del governo con un poster che mostra una fotografia deturpata del presidente americano Barack Obama nel corso di una manifestazione davanti palazzo presidenziale di Miraflores a Caracas Domenica. Fernando Llano – AP

 

Il presidente Obama ha firmato la scorsa settimana un ordine esecutivo che proclama il regime in Venezuela un pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti. Perché? Perché questi ha violato i diritti umani dell’opposizione democratica nel paese. In seguito, Obama ha imposto sanzioni contro numerosi ufficiali militari e funzionari di governo.

Strana mossa, fatta poche settimane dopo aver iniziato ad abolire le sanzioni contro la dittatura cubana, la quale, per l’ultima metà del secolo o anche di più, ha maltrattato i dissidenti con la stessa (o maggiore) brutalità che è stata mostrata dal governo di Nicolás Maduro in Venezuela.

A margine, c’è una questione di gerarchie. Cuba è la nonna. Il Venezuela si comporta come se sia al comando del consiglieri cubani che guidano il paese. Queste sono le competenze che Cuba vende al Venezuela: servizi segreti, controllo sociale e pugno duro nella “governabilità”.

Naturalmente, Fidel e Raúl Castro hanno immediatamente reso pubblica un’appassionata difesa di Maduro. I fratelli Castro sanno perfettamente che i 13 milioni di Dollari annuali in sussidi, aiuti e affari commerciali forniti dalla loro grande colonia politica valgono di più delle recenti dimostrazioni di affetto e promesse ricevute dagli stati Uniti.

“Il Venezuela non è solo”, ha dichiarato una nota ufficiale cubana, suggerendo che se sì arriverà ad un conflitto armato, i soldati della patria cubana non rimarranno a guardare.

Certo, sono solo parole, atteggiamenti per i balconi. I Castro sanno che gli Stati Uniti non sono minimamente interessati a passare alla violenza per liquidare la “rivoluzione” bolivariana. Nessuno invaderà il Venezuela.

Ciò che è generalmente ignorato è il perché Obama abbia preso questa contraddittoria decisione che aiuta solo a dare a Maduro un pretesto per incrementare il sentimento nazionalista, la repressione e mescolare il nido del vespaio sudamericano.

Eppure, ci sono buone ragioni dietro questa iniziativa. Il Venezuela è davvero un rischio per la sicurezza degli Stati uniti, non perché ha violato i diritti umani – questa era la scusa – ma a causa di tre attività che sono codificate nella definizione dottrinale che indicano dove il pericolo per la società nordamericana inizia o si intensifica.

Chiunque voglia conoscere la visione che prevale a Washington sulla questione dovrebbe leggere il libro Reconceptualizing Security in the Americas in the 21st Century, con particolare attenzione al capitolo intitolato Venezuela: tendenze nel crimine organizzato, scritto dall’analista Joseph M. Humire.

Il movimento fondato da Hugo Chávez ed ereditato da Maduro ha oltrepassato tre linee di confine:

  • Primo, la complicità venezuelana coi terroristi islamici in Iran. Il governatore dello stato di Aragua, Tareck El Aissami, di origini arabe ed ex ministro dell’Interno, ha detto di avere forti relazioni con il governo iraniano. Questi ha usato la sua posizione per creare una rete di relazioni con i terroristi in Medio Oriente, finanziati dal traffico di droga.
  • Il secondo limite oltrepassato a Caracas è, precisamente, relativo al traffico di droga. Ci sono generali venezuelani che sono coinvolti fin sopra i capelli in questo torbido mercato. Su 700 tonnellate di cocaina prodotte annualmente nel mondo, 300 vanno attraverso il Venezuela fino in Europa passando per l’Africa, o arrivano negli Stati Uniti tramite l’America Centrale. Il presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, è stato accusato di essere il capo del principale cartello.
  • Terzo, il diffuso riciclaggio di soldi sporchi. Petróleos de Venezuela, la compagnia petrolifera statale meglio conosciuta con l’acronimo PDVSA, è dove avvengono la maggior parte delle transizioni sospette, incluse le emissioni di obbligazioni. Più che un’attività, la PDVSA è il nascondiglio di Ali Babà, ma con più di 40 ladroni. Quei soldi servono per corrompere politici, comprare consenso e pagare i criminali per i loro servigi.

La Casa Bianca sa tutto questo nel dettaglio.

E’ stata istruita dai suoi diplomatici, dai servizi segreti e dai disertori. Walid Makled García, venezuelano a capo del traffico di droga, paragonabile a Pablo Escobar al suo apice, fu intensamente interrogato dagli agenti della DEA prima che il suo carceriere colombiano lo deportò in Venezuela.

“Il Turco”, come era chiamato, cantava La Traviata, spifferò tutto. L’ultimo membro del coro è Leamsy Salazar, braccio destro di Cabello e Chávez, il quale chiese asilo politico negli Stati Uniti e confermò tutto questo. Contribuì inoltre con nuove informazioni. Potrebbe non essere stato detto abbastanza che “il Venezuela non è un pericolo, ma una seccatura”.

A dire il vero, il Venezuela è un pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti e per tutto l’emisfero. L’errore di Obama non fu di affrontare i suoi nemici e chiamare le cose con il proprio nome, ma di scegliere un’accusa indiretta, formulata malamente, così che molte persone non hanno potuto capirla. Il presidente voleva soddisfare tutti, ma è riuscito a fare esattamente il contrario. Un peccato.

Articolo originale:
http://www.miamiherald.com/opinion/op-ed/article14674460.html

Il Venezuela lancia due settimane di esercitazioni militari, con armi cinesi e russe: “U.S. pericolo imminente”.

Per il mercoledì delle Narrazioni tossiche: articolo di John Hall, apparso sul Daily Mail online lunedì 16 marzo, in cui si dipinge un Venezuela che si appresta ad un attacco militare nei confronti degli Stati Uniti, con tanto di addestramenti militari e rafforzamento dei poteri centrali.

 

Venezuela has declared the United States to be an ‘imminent danger’ at the launch of two weeks of Cold War-style military drills and parades featuring weapons made in Russia and China

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Soldati venezuelani nell’esercitazione militare ordinata da Nicolas Maduro lo scorso sabato a Caracas.
Il Venezuela ha dichiarato essere gli Stati Uniti un “pericolo imminente”  al lancio di due settimane di esercitazioni e parate militari, in stile Guerra Fredda, equipaggiati con armi fabbricate in Russia e Cina.

 

Al grido di “patria socialista” e marchiando gli Usa come “imperialisti”, sabato pomeriggio 80.000 soldati e 20.000 civili sono scesi sulle strade di Caracas per una manifestazione anti-statunitense.

 

Il parlamento venezuelano ha seguito le proteste di ieri, approvando una legge che consegna all’assediato presidente Nicolas Maduro il potere di legiferare tramite decreti per nove mesi, in faccia a quella che era descritta come la “minaccia statunitense” per le nazioni sudamericane.

 

Il varo di due settimane di esercitazioni militari arriva appena qualche giorno dopo che Barack Obama ha dichiarato il Venezuela una minaccia per la sicurezza nazionale, limitati i viaggi nel paese e congelato i beni di alcuni cittadini di una nazione alle prese con una diffusa scarsezza di risorse.

 

Maduro ha richiesto l’espansione dei poteri in risposta alle sanzioni statunitensi ai funzionari venezuelani accusati di violazione dei diritti umani. Critici del governo hanno chiamato la mossa una presa di potere.

 

Gli Stati Uniti stanno individuando i funzionari di alto rango dell’apparato di sicurezza venezuelano, responsabili di un giro di vite nelle proteste anti governative dello scorso anno e di  perseguire accuse contro gli oppositori di governo. Questi saranno privati del permesso di entrare negli Stati Uniti, e i loro beni congelati.

 

I leader dei governi di sinistra del Sud America si sono espressi in supporto del Venezuela, mentre Washington ha respinto le affermazioni di Maduro, secondo cui gli Usa stanno cercando di danneggiare il suo governo sollecitandolo a concentrarsi sui problemi interni del paese, come la scarsità di cibo e l’inflazione galoppante.

 

Le due settimane di esercitazioni militari sono largamente riconosciute come il tentativo di Maduro di sollevare il sentimento patriottico nella speranza di migliorare il decadente consenso nei suoi confronti, in vista delle cruciali elezioni di fine anno.

 

Parlando al Financial Times, il professore di relazioni internazionali all’Università Centrale del Venezuela Carlos Romero ha detto che le dichiarazioni di Washington sulla nazione come minaccia per la sicurezza nazionale “hanno ampiamente giovato il governo venezuelano”.

 

Romero ha aggiunto che il Venezuela ha usato l’annuncio per suonare la carica in sostegno del governo, tramite una reazione dai modi “esagerati, quasi drammatici”.

 

Maduro ha precedentemente affermato che gli Stati Uniti, i quali rimangono i più importanti acquirenti del petrolio venezuelano, hanno appoggiato il tentativo di rimuoverlo dal potere.

 

Nel 2002 un colpo di stato, che ebbe il tacito supporto degli Stati Uniti, spodestò brevemente Hugo Chávez, carismatico mentore di Maduro, nonché suo predecessore.

 

Articolo originale:

 

La comunità cristiana americana contro la Casa Bianca

Traduzione di Lorenzo Mastropasqua.

5 teologi e attivisti dei diritti umani scrivono a Obama riguardo la questione venezuelana.

Gli ambienti religiosi spesso sono fondamentali nel determinare la politica di un paese, in questo testo si coagulano le opinioni di 5 importanti personalità del mondo religioso americano (sia latino che statunitense) che si scagliano apertamente contro l’ordine esecutivo della Casa Bianca di classificare il Venezuela come minaccia per la sicurezza nazionale.

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1° foto: Miguel D’escoto prete cattolico(Maryknoll) ex cancelliere del Nicaragua, ex presidente dell’Assemblea generale dell’Onu. 2°foto: Ramsey clark avvocato e ex procuratore generale degli Stati Uniti. 3° foto: Pedro Casàldaliga Vescovo di Altava(Brasile) poeta e teologo della liberazione 4° foto: Leonardo Boff(Brasile) prete francescano insegnante filosofo e teologo della liberazione 5° foto: Thomas Gumbleton Vescovo cattolico di Detroit e attivista dei diritti umani.

Caro presidente Obama,

ti salutiamo come un fratello, discepolo di Gesù, con tutto l’amore e il rispetto che ti dobbiamo, come del resto in conformità ai nostri voti, dobbiamo a tutti, compresi quelli che con noi si comportano da nemici.

Cosa ti è successo, caro fratello? Cosa ne è stato dell’intrepido e luminoso Obama che, nel 2008 attraverso la sua campagna presidenziale, ha parlato del cambiamento, di un VERO cambiamento che contemplasse l’adesione del popolo? Tu hai ridato la speranza a milioni di persone, non solo negli Stati uniti ma ovunque nel mondo, a noi compresi. Ci ricordiamo dei tanti sondaggi fatti a persone afroamericane, molte delle quali non erano favorevoli alla tua elezione, non perché non ti amassero o perché non erano d’accordo con i valori che difendevi. Loro ti amavano troppo. Temevano la tua morte per mano del sistema industrial-militare e finanziario, che si sarebbe sicuramente attivato se tu avessi avuto il coraggio di affrontarlo con la tua visione e la tua promessa di riportare gli Stati uniti nella comunità «umana».

Sicuramente saprai che gli Stati uniti da sono sempre il paese più odiato nella storia del mondo, per la loro arroganza e la loro ossessione nazionalista e diabolica, di dominazione planetaria. Contrariamente ad alcuni tuoi predecessori come Ronald Reagan e George W. Bush, che non si sono certo distinti per la loro intelligenza, tu sei senza dubbio una persona dotata di spiccate facoltà intellettive. Di più, hai manifestato un attaccamento a dei valori morali ed etici profondamente ancorati nella tua coscienza ed un’adesione ai valori di Gesù, che  di fatto sono i valori di tutti i grandi leader spirituali di ogni religione del mondo. Quello che ci spinge, caro fratello, a scriverti questa lettera, è il vergognoso decreto esecutivo di «urgenza nazionale» che hai adottato il 9 marzo 2015 dichiarando che «la situazione in Venezuela rappresenta una minaccia inabituale e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli U.S.A».

Visto come ti sei comportato, non possiamo non pensare alla decisione presa da Reagan, ormai  trent’anni fa, di appoggiare le Contras nella guerra contro il Nicaragua Sandinista negli anni ’80. Questa decisione, che consideriamo vergognosa ed estremamente ipocrita, è anche una violazione flagrante del diritto internazionale: trattandosi di una minaccia dell’uso della forza contro il Venezuela e allo stesso tempo un’ incitamento ai tuoi scagnozzi venezuelani di continuare gli sforzi per destabilizzare il paese.

Dovresti sapere, caro fratello, che in America Latina esiste un sentimento crescente d’unità e solidarietà che attraversa tutta la regione. Nello stesso tempo, rigettiamo il tuo arrogante ordine esecutivo interventista, e ti auguriamo di voltarti verso Gesù, la fratellanza e la solidarietà; abbandonando una volta per tutte i demoni della cupidigia, della guerra e della dominazione planetaria.

Continueremo a pregare per te e per i tuoi cari.
Il tuo paese è il nostro mondo.

  • Miguel d’Escoto Brockmann, Prete Maryknoll, Nicaragua
  • Pedro Casaldaliga, Vescovo, Brasile
  • Ramsey Clark, Stati uniti
  • Leonardo Boff, Brasile
  • Thomas Gumbleton, Vescovo, Stati uniti

Fonte: https://venezuelainfos.wordpress.com/2015/03/15/6924/

Venezuela: Barack Obama dichiara l’urgenza nazionale, Fidel Castro solidale con Nicolas Maduro

obamaTraduzione di Lorenzo Mastropasqua.

ANCORA SANZIONI CONTRO IL GOVERNO DI NICOLAS MADURO DA PARTE DI WASHINGTON.

Un ordine esecutivo della Casa Bianca dichiara “l’urgenza” per il “pericolo inabituale” che minaccia la sicurezza nazionale. Il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato questo lunedi, che prenderà nuove misure contro il governo venezuelano per le “così dette” violazioni dei diritti dell’uomo e ha dichiarato l’urgenza nazionale a causa di rischi straordinari generati dalla situazione di questo paese che minaccerebbero la sicurezza degli Stati uniti.

Il Congresso degli Stati uniti aveva già approvato il 10 dicembre scorso delle sanzioni contro i funzionari venezuelani, e ratificate da Obama il 18 dicembre ma niente era stato fatto fino a questo lunedi giorno in cui la Casa Bianca ha diffuso i nomi delle persone colpite dalle sanzioni, tra le quali risultano 7 figure di spicco: Benavides Torres ex leader del Gnb, Gustavo Enrique González López, direttore del Servizio nazionale d’intelligence (Sebin) e presidente del Centro strategico per la sicurezza e la protezione della patria (Cesspa), Justo José Noguera Pietri, presidente della Corporazione venezuelana della Guyana (Cvg) e già comandante della Guardia nazionale (Gnb), Katherine Nayarith Haringhton Padron, procuratore a livello nazionale del 20esimo distretto venezuelano, Manuel Eduardo Pérez Urdaneta direttore della Polizia nazionale bolivariana, Manuel Gregorio Bernal Martínez a capo della 31esima brigata corazzata dell’esercito venezuelano ed ex direttore della Sebin e, infine, Miguel Alcides Vivas Landino, ispettore generale delle forze armate e già comandante della Redi. Il comunicato diffuso riporta: «la Casa Bianca è profondamente preoccupata dalle azioni del governo venezuelano tese a intimidire gli avversari politici» il documento si conclude con la richiesta di liberazioni di tutti i “prigionieri politici”.

Secondo gli Stati uniti, questi funzionari sarebbero implicati in faccende che violano i diritti umani, precisamente per aver fermato “il piano di uscita”(allusione alle dimissioni del presidente Maduro) durante le contestazioni putschiste svoltesi tra Febbraio e Maggio scorso nelle quali 43 persone sono state uccise, molte delle quali con un colpo d’arma da fuoco alla testa. In risposta a queste provocazioni si è costituito il “Comitato delle vittime delle guarimbas” per far conoscere al mondo la loro storia, occultata meschinamente dal resto dei media. Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha dichiarato che “i funzionari dello Stato bolivariano che hanno violato i diritti dei cittadini venezuelani, non sono i benvenuti nel territorio, e che gli Stati uniti dispongono di strumenti per bloccare i lori assett e l’uso che fanno del sistema finanziario nordamericano”.

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bandierecubaIL GOVERNO CUBANO SOLIDALE
Nella giornata di ieri si è espresso anche il governo rivoluzionario della Repubblica di Cuba, dichiarando: l’atto che qualifica il Venezuela come “paese minaccia” è arbitrario e aggressivo. Questo documento simboleggia una rappresaglia alle misure che il governo bolivariano ha adottato per difendere la propria sovranità di fronte alle ingerenze del Congresso degli Stati uniti. Come potrebbe il Venezuela minacciare gli Stati uniti? Considerando che il Venezuela è a migliaia di chilometri di distanza, non dispone di armi strategiche, e non impiega né risorse né funzionari per cospirare contro l’ordine costituzionale statunitense, questa dichiarazione appare poco credibile e rivela i veri obiettivi di chi l’ha emessa. Una tale esternazione, in un anno di elezioni legislative in Venezuela riafferma, ancora una volta, il carattere offensivo della politica estera statunitense. La gravità di questo atto esecutivo ha messo in allerta i governi dell’America Latina e quelli dei Caraibi, che, nel gennaio 2014 durante il 2° summit della Celac a l’Avana, hanno dichiarato la regione “Zona di Pace” e condannato tutti gli atti che possono destabilizzare il continente, dal momento che hanno già accumulato abbastanza esperienze di “interventismo imperiale” nel corso della loro stroria. Il governo rivoluzionario della Repubblica di Cuba riafferma di nuovo il suo sostegno incondizionato, e quello del suo popolo, alla Repubblica bolivariana, al governo legittimo del presidente Nicolas Maduro Moros e all’eroico popolo fratello del venezuela. Nessuno ha il diritto di intervenire negli affari interni di uno Stato sovrano né di dichiararlo, senza ragione, minaccia per la sua sicurezza nazionale. Così come Cuba non è mai stata sola, anche il Venezuela non lo sarà.

fidel_hugoLETTERA DI FIDEL CASTRO
Anche Fidel Castro ha voluto ricordare ancora una volta il suo appoggio a Nicolas Maduro inviandogli una lettera che lo incoraggia e lo loda per il discorso sostenuto in risposta alle misure del governo degli Stati uniti: «Caro Nicolas Maduro, Presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela: mi congratulo con te per il tuo brillante e coraggioso discorso intrapreso per rispondere ai piani brutali del governo degli Stati uniti. Le tue parole passeranno alla storia come prova che l’umanità può e deve conoscere la verità».

L’avana 9 Marzo 2015

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Fonti:

Consolidamento del potere cittadino, sanzioni inverse agli Stati uniti: così il Venezuela risponde al tentativo d colpo di Stato.

Articolo originale: Renforcement du pouvoir citoyen et des droits sociaux, sanctions envers les États-Unis : le Venezuela répond à la tentative de coup d’État

di Thierry Deronne. Traduzione di Lorenzo Mastropasqua

Interessante articolo sulle azioni intraprese dal governo venezuelano in seguito ai noti fatti del febbraio scorso, nei momenti di crisi, sia istituzionale sia economica, c’è chi risponde con la repressione chi con i diritti e democraziaMentre nel 1973 dei media occidentali che s’indignavano per il colpo di Stato perpetrato in Chile erano presenti, quelli di oggi scandiscono all’unisono: Presidente del Venezuela, si lasci destituire! É per il suo bene! Rinunciate a difendere la scelta degli elettori! Rinunci alla legge, alla costituzione. Se te arresti un putschista noi denunceremo la repressione in Venezuela! Il bulldozer informativo, già ben rodato per creare il personaggio Chavez, è stato reattivo nel fabbricare il tiranno Maduro che da lontano agita il pugno brutale per schiacciare meglio le folle mentre la voce felpata delle opposizioni di destra o dei portavoce della Casa Bianca, si scandalizzano di tanta violenza.

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Addirittura durante il colpo di stato mancato contro Chavez nel 2002, non si è vista una tale intensità nei bombardamenti mediatici tesi a farci accettare la necessità di un intervento esterno, o di un colpo di Stato senza attendere le elezioni. É senza ombra di dubbio l’errore storico e suicida della sinistra europea: non aver democratizzato la proprietà dei media, aver lasciato il servizio pubblico mimetizzare “l’informazione” dei grandi gruppi privati. Quando arriverà un giornalista di un grande gruppo d’informazione che parli dei 40000 consigli comunali e dei consigli del potere cittadino che apportano la “materia grigia” in numerose decisioni governative in Venezuela?E il Maduro reale? Quello che non oscura gli obiettivi dell’AFP o della Reuters?Giovedi 26 febbraio, durante la creazione del nuovo consiglio delle persone disabili e anziane, ha approvato i finanziamenti per concedere 300 mila pensioni in più, elevando i beneficiari di questo diritto a 3 milioni di cittadine/i. Ha confermato la concessione di 10 000 alloggi sanitari per proteggere meglio le persone anziane. Si è congratulato con i dipendenti per la nuova missione sociale “Casa della Patria” che ha visitato in un solo finesettimana 200 comunità popolari e 25 mila famiglie: “Questo metodo ci permette di arrivare direttamente alle famiglie, evitando le mafie degli intermediari”.

Prima di cominciare sui territori un nuovo ciclo di “governo di strada”, Maduro ha ricordato l’ideale di fondo della sua politica: malgrado la guerra economica e la caduta dei prezzi del petrolio, niente austerità ma l’ampliamento di uno Stato sociale e partecipativo. Come ricorda il sindaco Rodriguez, ci attaccano perché siamo un governo di poveri. Solo nel socialismo le risorse sono amministrate in funzioni di quelli e quelle che hanno bisogno. Durante questa assemblea un documento arriva alle mani di Maduro. Annibale affetto da un’incapacità uditiva, uno dei rappresentanti del nuovo consiglio nazionale prende la parole in lingua dei segni: “Siamo 120 rappresentanti venuti da 24 regioni del paese, abbiamo lavorato insieme su queste proposte. É per questo che ho creato i consigli del governo popolare, per far si che il popolo prenda il potere, che assuma il potere politico e si converta in popolo-presidente ha risposto il presidente Maduro.

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Sabato 28 febbraio durante una mobilitazione popolare contro le ingerenze degli Stati uniti, il presidente a proseguito: il The Wall Street Journal ha scritto recentemente che è venuta l’ora di chiamarmi tiranno, io rispondo: “Sarei un tiranno perché non mi lascio destituire? E se lo lasciassi fare sarei un democratico? Il popolo dovrebbe permettere che si instauri un governo di transizione eliminando la costituzione? Io non lo permetterò e se ci fosse il bisogno mi batterei nelle strade con il nostro popolo e le nostre forze armate. Noi vogliamo costruire la pace, la stabilità la coesistenza, la vita in comune. Che farebbe il presidente Obama se è un colpo di Stato fosse organizzato contro il suo governo? Quelli che agiscono fuori i limiti della costituzioni, quelli che persistono nelle loro attività terroristiche e stecchiste saranno arrestati per essere giudicati; anche se il Wall Street Journal o il New York Times mi chiamano tiranno, non è questione di tirannia è semplicemente la legge.Durante questa marcia che ha percorso le strade di Caracas, Maduro ha firmato un decreto che indennizza le 74 famiglie vittime del Caracazo: nel 1989 dopo due giorni di sommosse popolari in seguito all’applicazione delle misure neo-liberiste pretese dall’FMI, il presidente social-democratico Carlos Andres Prezzar sospese le garanzie costituzionali e inviò l’arma a “ristabilire l’ordine”. In 72 ore tra le 2000 e le 3000 persone furono assassinate.

Maduro ha ricordato che questa stessa austerità feroce fa parte del piano che la destra venezuelana aveva previsto di applicare in caso di successo del colpo di Stato del 12 febbraio scorso. Fino all’elezione di Hugo Chavez, nessun governo aveva accettato di riconoscere le fosse comuni, le sparizioni e le torture. I 74 indennizzi decretati da Maduro si aggiungono ai 596 già accordati ad altre famiglie dal governo bolivariano.Per contro, il presidente ha annunciato 4 misure in risposta sia alle sanzioni imposte dagli Stati-uniti in violazione del diritto internazionale e denunciate dall’insieme dei paesi latino-americani sia alle 168 dichiarazioni ufficiali emesse dall’amministrazione Obama dal 2014 al 2015 contro il governo bolivariano:

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Domenica 1 marzo 2015. Il presidente Maduro rende omaggio alle vittime del massacro del “Caracazo” del 27 Febbraio 1989

– L’accesso al territorio venezuelano è interdetto ai funzionari statunitensi complici di azioni terroristiche e colpevoli di violazioni dei diritti dell’uomo e crimini di guerra. Tra loro l’ex presidente George W.Bush, l’ex vice presidente Dick Cheney, l’ex direttore della CIA George Tenet, notamente legati al massacro di centinaia di migliaia di iracheni sulla base delle menzogne delle “armi di distruzione di massa” e la creazione di centri di tortura( prigioni segrete in Europa, Abu Ghraid, Guantanamo, etc…” E’ interdetto anche il rilascio dei visti ai cittadii americani che hanno violato i diritti umani e hanno bombardato popolazioni civili”. La decisione concerne anche i congressisti d’estrema destra Bob Menendez, Marco Rubio, Ileana Ross-lehtinen e Mario Diaz-Balart, vicini alle reti terroristiche del cubano Posada Carriles che vive attualmente negli Stati-uniti sotto la protezione delle autorità.

-Adeguamento del numero dei funzionari dell’Ambasciata degli Stati-uniti a Caracas.Il governo degli Stati-uniti mantiene più di 100 impiegati mentre solamente 17 funzionari venezuelani sono autorizzati a lavorare a l’Ambasciata venezuelana a Washington. La ministra Delcy Rodriguez a ricordato che la facoltà di chiedere l’equilibrio del numero dei funzionari è disponibile per tutti i governi in virtù della Convenzione di Vienna.

-Reciprocità in materia di visti. I cittadini venezuelani che viaggiano negli Stati-uniti devono pagare per ottenere un visto. Di conseguenza per ristabilire l’ugualità di trattamento, gli statunitensi che visitano il nostro paese dovranno ottenere un visto e pagare ciò che pagano i venezuelani per viaggiare negli stati-uniti.

-”Fine delle riunioni dei funzionari statunitensi per cospirare sul nostro territorio”. I vertici i dell’ambasciata statunitense a Caracas sono stati informati sul fatto che “tutte le riunioni realizzate da essi nel territorio venezuelano dovranno essere notificate e approvate dal governo del Venezuela”.In conformità agli articoli 41 e 42 della Convenzione di Vienna.Maduro ha rivelato:” abbiamo individuato e catturato alcuni statunitensi ingaggiati nelle attività segrete, in particolare di spionaggio, che tentavano di reclutare persone nei villaggi confinanti con la Colombia sotto l’influenza paramilitare.Nello stato di Tachira abbiamo catturato un pilota statunitense di orgine latino-americana, che trasportava documenti molto interessanti. In questo momento ci sta rivelando i fatti”.

In conclusione del suo discorso, Maduro a riaffermato il suo rispetto per il popolo statunitense cosi come per la comunità afro-americana, ispanica e caraibica spesso vittime di violazioni dei diritti umani da parte del proprio governo. Ricordando che queste misure non sono prese contro di loro, ma contro l’elite che continua a erigersi gendarme mondiale e rifiuta di rispettare i principi della sovranità