Venezuela. Nicolas Maduro chiede a Unasur di mediare con gli Usa
Geraldina Colotti, 6.2.2015
Dalla Cia, un annuncio inquietante: in Venezuela, il governo di Nicolas Maduro dovrà presto vedersela con una nuova ondata di proteste violente. Lo ha sostenuto il direttore dell’intelligence del dipartimento della difesa Usa, Vincent Stewart, davanti alla Commissione per gli affari militari della Camera dei rappresentanti. «Prevediamo che, nel 2015, le organizzazioni studentesche e l’opposizione politica organizzeranno proteste nei mesi precedenti le elezioni legislative», ha detto il generale a tre stelle illustrando «le minacce mondiali» che devono affrontare gli Stati uniti. «Siamo un po’ preoccupati — ha aggiunto — per le elezioni che si devono svolgere in Venezuela (a dicembre, ndr) e quel che potrebbe significare in termini di violenza e violazione dei diritti umani». Nel febbraio del 2014, per alcuni mesi, il governo è stato messo alla prova di manifestazioni violente provenienti dai quartieri agiati del paese e dai municipi governati dalla destra. Il saldo è stato di 43 morti e 800 feriti, in gran parte vittime delle trappole da strada (le guarimbas) messe in atto dai gruppi di estrema destra. Proteste per chiedere la cacciata di Maduro dal governo a furor di piazza, anticipate dalle violenze post-elettorali seguite alla sua elezione a presidente. Sia la Camera che il Senato Usa hanno però votato un pacchetto di sanzioni a funzionari del governo venezuelano «colpevoli di aver violato i diritti umani dei manifestanti» e Obama le ha ratificate. Per ora sono stati vietati i visti di ingresso negli Usa a 56 alti responsabili del governo Maduro.
Stewart analizza anche la difficile situazione economica che attraversa il Venezuela, accentuata dalla drastica caduta del prezzo del petrolio (il paese è il più importante custode di riserve petrolifere certificate al mondo) e a quella che il governo definisce «una guerra economica» scatenata dai poteri forti, dentro e fuori il paese. Per questo, Maduro ha messo in galera alcuni imprenditori accusati di nascondere prodotti essenziali per provocare lunghe file amplificate dai media internazionali. E ha coinvolto i militanti a vigilare in vista delle elezioni. Collettivi di quartiere e singoli cittadini hanno così consentito di scoprire altri magazzini in cui le merci — comprate con dollari a basso costo erogati dal governo — venivano nascoste e destinate al mercato nero.
Intanto, il governo ha rinnovato la richiesta di estradizione per diversi banchieri che sono scappati negli Usa dopo aver dichiarato bancarotta: sono loro — dice Maduro — che premono sul Congresso e organizzano piani destabilizzanti. Infatti, anche quest’anno sono aumentati considerevolmente i finanziamenti che gli Stati uniti destinano alle «organizzazioni per i diritti umani» in Venezuela. E negli ultimi mesi due persone sono state arrestate perché trovate in possesso di enormi quantità di dollari provenienti dagli Stati uniti: denaro del narcotraffico gestito dal presidente del parlamento venezuelano, Diosdato Cabello, ha sostenuto un ex scorta di Chavez fuggito negli Usa e sotto protezione.
Per il governo Maduro e per i presidenti socialisti dell’America latina che hanno fatto quadrato intorno al Venezuela, si tratta invece di una gigantesca campagna di discredito internazionale, che mira a creare una situazione simile a quella messa in atto nel Cile di Salvador Allende fino al golpe dell’11 settembre 1973. Maduro ha chiesto a Obama di non cadere nel tranello teso dalle destre e ha sollecitato la mediazione della Unasur per ricomporre le relazioni con gli Stati uniti. Intanto, a Caracas è stato creato un gruppo di ambasciatori dell’Opec per trovare un accordo e stabilizzare il prezzo del petrolio.