La solidarietà in Movimento. Il secondo incontro della Rete Caracas ChiAma ospite dei centri sociali napoletani.

di Geraldina Colotti per CaracasChiAma

 

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Qualcosa si sta muovendo anche in Italia. La rivoluzione socialista bolivariana non è più una faccenda da addetti ai lavori, magari da guardare di sbieco. Qualcosa si sta muovendo: almeno in certe aree dei movimenti e della sinistra di alternativa, che iniziano a cogliere il vento nuovo proveniente dall’America latina. Certo, il disastro prodotto dalla fine del grande Novecento è di proporzioni immani. L’assenza di un pensiero forte in grado di guidare la ripresa del conflitto in una prospettiva di trasformazione radicale è pesante. La presenza di vecchi e nuovi pompieri, pronti a soffocare qualche promettente fiammella, resta ingombrante. L’incapacità di unificare strati sociali e soggetti frammentati è palese. Altrettanto evidente è l’incapacità di contrastare l’egemonia dei vincitori attingendo alla fucina del socialismo e ai suoi strumenti. Dall’Europa non c’è da aspettarsi una sponda forte in tempi brevi: non nel senso di un progetto antagonista al capitalismo come quello che ha sparigliato le carte del sistema negli anni ’70. Quel mondo non c’è più. Oltre a pompieri, poliziotti, complici o rifarditi, resta solo qualche ex rivoluzionario attempato a predicare al deserto di memoria e di pratiche incisive.

Eppure, qualcosa si sta muovendo.

Vogliamo partire da tre fatti non certo giganteschi, ma significanti.

In primo luogo, il convegno sull’Alba come modello per l’Europa. Un incontro organizzato dal movimento 5 Stelle in collaborazione con alcune realtà della sinistra di alternativa che, a differenza dei 5S, guardano al tema in una prospettiva marxista e lo considerano uno strumento di contrasto alla crisi sistemica del capitalismo. Un convegno che ha lasciato tracce, benché sia stato silenziato dai grandi media e abbia registrato la totale assenza di quelle aree della sinistra moderata che siedono sui banchi del parlamento e che si dicono critiche rispetto al partito di governo (il Partito democratico)

Vorremmo poi segnalare il secondo incontro di Caracas chiAma, la rete di sostegno alla rivoluzione socialista bolivariana, che si è tenuto a Napoli. Tre giorni di dibattito e conferenze, articolati intorno a tavoli tematici sui nodi del conflitto: dal lavoro, alla questione di genere, al potere e alla rappresentanza, a un nuovo internazionalismo. Punti e suggestioni che provengono dal “laboratorio” venezuelano in cui si sperimenta un felice incontro tra “vecchio” e “nuovo” e una dialettica feconda tra i vari filoni di pensiero che hanno attraversato la storia del Novecento. Grande partecipazione e anche la possibilità di constatare che il “modello bolivariano” è fonte di ispirazione fra alcuni sindaci più vicini alla democrazia partecipativa, com’è quello di Napoli, Luigi de Magistris.

L’iniziativa è stata organizzata e promossa da tre centri sociali occupati e autogestiti, che hanno dialogato, a partire da pratiche diverse, proprio raccogliendo lo stimolo proveniente dal Venezuela. All’ex Asilo Filangieri hanno parlato soprattutto le rappresentanze diplomatiche e istituzionali, spiegando il lungo cammino percorso dal Venezuela chavista. Alla Mensa occupata si sono articolati i tavoli tematici, introdotti da un’efficace relazione dell’ambasciatore. All’ex Opg occupato – un antico manicomio criminale poi chiuso e dismesso – si è svolta la giornata conclusiva. Non venivano forse considerati pazzi Bolivar e poi Chavez? Non sono forse considerati pazzi tutti i precursori, i rivoluzionari, che sfidano le armi del sistema e le sue convenzioni?napo1

La terza iniziativa è stata ralizzata domenica 19, giornata mondiale della solidarietà al Venezuela. In tanti si sono dati appuntamento a Montesacro, davanti al monumento di Bolivar, dov’è avvenuto lo storico giuramento del Libertador. Nel 2005, venendo in visita in Italia, Chavez vi ha tenuto un indimenticabile discorso e ha incontrato le organizzazioni popolari. Domenica, tutti gli interventi hanno evidenziato l’importanza del modello bolivariano per la ripresa del socialismo: un’alternativa all’oppressione e alla barbarie, non solo in America latina, ma in tutti gli angoli del pianeta. Un incontro partecipato e non rituale, anche frutto di una “diplomazia dal basso” poco convenzionale praticata dalle rappresentanze del Venezuela.

Qualcosa si muove anche in Italia, dicevamo. Ma in quale direzione? Cosa ci serve del laboratorio chavista e bolivariano? Il Venezuela è “una minaccia inusuale e straordinaria”, ha detto Obama spiegando il decreto che rende esecutive le sanzioni contro il governo Maduro. Un’affermazione ridicola, certo, come ha sottolineato la presidente argentina Cristina Kirchner durante il VII vertice delle Americhe a Panama. Il discorso della borghesia, però, riflette in modo capovolto la verità del socialismo e le sue ragioni. L’esempio del Venezuela è senz’altro una minaccia per gli interessi del capitalismo. Una minaccia “inusuale”, certo: perché Chavez è andato al potere scompaginando il teatrino asfittico dei giochi istituzionali. Perché quelli che non avevano mai contato niente hanno improvvisamente conquistato il centro della scena. Perché dal socialismo demonizzato è nata una nuova leva di rivoluzionari, meno dogmatici ma più incisivi. Una minaccia straordinaria, ha ragione Obama: perché in soli 15 anni, nel solco di Cuba e dei suoi grandi ideali, ha riconfigurato un continente e ha proiettato la sua aura benefica fino al centro del capitalismo. Una minaccia straordinaria perché, coniugando in modo originale le urne e la piazza, l’autodifesa dei quartieri e l’unione civico-militare ha prodotto una nuova alchimia tra conflitto e consenso che si alimenta della prospettiva rivoluzionaria e la alimenta. La partita che sta giocando il Venezuela è quella di demolire l’impalcatura del vecchio stato borghese, facendogli crescere all’interno un nuovo seme: quello delle comuni, dell’autogestione, di una nuova dialettica tra mutualismo e centralizzazione.

Una dinamica estranea a una sinistra che ha fatto mercato della storia, del conflitto e di quella “anomalia” che ne faceva un unicum potenzialmente gravido di nuove prospettive. Una “sinistra” che vota l’appello contro il Venezuela, promosso dal peggio delle destre latinoamericane, ma considera una minaccia l’esistenza del presidente operaio, Nicolas Maduro.

Eppure, qualcosa si muove. Anche nel cuore decomposto di questa vecchia Europa.

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