“Se non sapremo creare un grande movimento planetario in difesa della rivoluzione venezuelana, non ci basteranno i giorni per pentirci”

di Geraldina Colotti per CaracasChiAma

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Gli editoriali di El Pais, in Spagna, definiscono riflessioni da “trogloditi” quelle che richiamano una similitudine tra gli attacchi che hanno portato alla caduta della “primavera allendista”, in Cile, e quelli che vorrebbero stroncare il socialismo in Venezuela.

Certo, lo scenario non è più quello del grande Novecento: da tempo i “Pinochet” hanno indossato il colletto bianco e, nella memoria artefatta dai grandi media, il colpo di stato in Cile dell’11 settembre del 1973 è stato soppiantato dal fragore che ha distrutto le Torri gemelle Usa, l’11 settembre del 2001. Soprattutto, non c’è più un campo socialista da abbattere. E anche il Vaticano sembra aver messo di lato la grande crociata dal papa polacco.

Obama non è Nixon e Kerry non è Kissinger, ma il piano per “far urlare l’economia” venezuelana, fatte le debite proporzioni, richiama fortemente quello orchestrato da Nixon contro il governo di Allende e ordinato allora alla Cia.

Come hanno provato i documenti desecretati a Washington, dai sottopalchi del potere Usa, nel corso del 1972 venne organizzato ogni genere di sabotaggio, economico, ideologico e militare per far cadere Allende, forzando sulle debolezze del suo governo.

Alla morte di Hugo Chavez, i poteri forti hanno pensato che potevano averla vinta con Maduro. Hanno intensificato gli attacchi. Guerra economico-finanziaria, discredito internazionale e sanzioni, tentativi di provocare “rivoluzioni colorate” modello balcanico, grancassa mediatica alimentata dalla retorica sui “diritti umani”, sono gli aggiornamenti di vecchie tattiche per far cadere governi non graditi ad ogni costo.

Obama non è Reagan, ma è comunque ostaggio del complesso militare-industriale, vero padrone degli Usa: a dispetto del Nobel per la pace, di bombe ne ha buttate parecchie. E non si deve dimenticare che, in America Latina, il 28 giugno ricorrono i cinque anni dal colpo di stato contro l’allora presidente Manuel Zelaya: “colpevole” di essersi voluto avvicinare all’Alleanza bolivariana per il popoli della nostra America (Alba), ideata da Cuba e Venezuela.

Benché le sinistre di alternativa siano da allora cresciute in Honduras, la truffa delle ultime elezioni mostra l’intenzione granitica dei poteri diretti da Washington di non farsi sfuggire un altro pezzo della torta centroamericana.

E vale ricordare anche il “golpe istituzionale” contro l’allora presidente del Paraguay Fernando Lugo, il 22 giugno del 2012.

Per via delle vicende mediorientali, gli Usa hanno parzialmente distolto l’attenzione dall’America latina. Ma ora hanno in corso il mega progetto di accordi commerciali e regionali, contemplato all’interno del Ttip con la Ue, e dell’Alleanza del Pacifico (Tpp) con i principali 12 paesi del bacino del Pacifico.

Un piano che mira a comprimere o a neutralizzare la promettente spinta delle nuove alleanze solidali promosse dal Venezuela, paese che custodisce le più grandi riserve petrolifere del mondo.

Al centro dell’Alleanza del Pacifico vi sono Colombia, Messico, Perù e Cile: i primi due sono sotto la presa del neoliberismo al soldo di Washington; il terzo, fallite le speranze riposte in Ollanta Humala, è semi-stordito dalle sirene delle grandi multinazionali e spalancato all’arrivo delle basi Usa; il Cile è impastoiato nelle dinamiche consociative e sta girando le spalle alla vera integrazione latinoamericana.

Che la figlia minore di Allende, Isabel, – eletta presidente del Senato per il partito della presidente Bachelet, Nuova Maggioranza – sia apertamente schierata con i golpisti venezuelani, la dice lunga sul corto circuito alimentato dai partiti di centro-sinistra, in America latina e in Europa.

Felipe Gonzalez, ex presidente del governo spagnolo ed ex presidente del Partito socialista ha mandato gli squadroni della morte (i Gal) contro i militanti baschi. E ora anima il gruppo internazionale “bi-partisan” che promuove le ingerenze in Venezuela.

Dalle Americhe all’Europa, la politica delle “larghe intese” considera il capitalismo un orizzonte insuperabile e ne tutela gli interessi. Diventa allora avversario da abbattere chi – come Cuba prima e il Venezuela ora – sta indicando un percorso alternativo.

In questo momento di rinnovato attacco al socialismo bolivariano, conviene ascoltare il monito del filosofo messicano Fernando Buen Abad :“Se non sapremo creare un grande movimento planetario in difesa della rivoluzione venezuelana, non ci basteranno i giorni per pentirci”.

Gruppo 77+Cina: Dichiarazione in appoggio al Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela

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Il Gruppo dei 77 + Cina esprime il rifiuto della recente decisione del governo degli Stati Uniti d’America di ampliare le sanzioni unilaterali contro il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, stabilite attraverso un Decreto Esecutivo firmato dal Presidente Barack Obama il 9 Marzo 2015, in cui si dichiara “un’emergenza nazionale a causa della minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti rappresentata dalla situazione interna del Venezuela”.

Allo stesso modo, ribadisce l’importanza della Dichiarazione adottata durante il Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Gruppo dei 77 + Cina, riunitosi a Santa Cruz de la Sierra, in cui si rifiuta fermamente l’imposizione di leggi e regolamenti ad effetto extraterritoriale e di ogni altra misura economica coercitiva, incluse le sanzioni unilaterali contro i paesi in via di sviluppo.

Il Gruppo dei 77 + Cina, deplora la misura e ribadisce il suo fermo rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Inoltre, il Gruppo dei 77 + Cina pone anfasi sulla necessità di rispettare il diritto internazionale, così come i principi e i propositi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e nel Diritto Internazionale, in riferimento alle relazioni d’amicizia e cooperazione tra gli Stati e in conformità alla Carta delle Nazioni Unite. Il G-77 + Cina, sottolinea il contributo positivo del Venezuela nel rafforzamento della cooperazione Sud-Sud, della solidarietà e delle relazioni d’amicizia tra i popoli e le nazioni per promuovere la pace e lo sviluppo.

Il Gruppo dei 77 + Cina, esprime solidarietà e appoggio al governo venezuelano, colpito da queste misure che non contribuiscono, in alcun modo, al dialogo politico ed economico e alla mutua intesa tra i paesi. Inoltre, esorta la comunità internazionale ad adottare misure efficaci ed urgenti atte ad eliminare l’uso di misure economiche coercitive unilaterali contro gli Stati e in particolare contro i paesi in via di sviluppo.

Il G-77 + Cina, lancia un appello al governo degli Stati Uniti affinchè valuti e implementi soluzioni alternative di dialogo con il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, basate sul principio di rispetto della sovranità e dell’autodeterminazione dei popoli. Di conseguenza, chiede l’abrogazione del suddetto ordine esecutivo.

New York, 25 Marzo 2015

Fonte:
http://italia.embajada.gob.ve/index.php?option=com_content&view=article&id=318:g77china-transmite-su-apoyo-al-gobierno-y-pueblo-de-venezuela-&catid=3:noticias-de-venezuela-en-el-mundo&Itemid=19

Dopo Cristina, Evo e Maduro è la volta di Dilma

Traduzione di Raffaele Piras.

Importanti riflessioni sulle proteste di questi giorni in Brasile contro la presidente Dilma Rousseff .

In Brasile c’è una rabbia generalizzata contro il PT, che è piuttosto una rabbia indotta dai mezzi di comunicazione, e non si tratta tanto di odio nei confronti del Partito de Trabajadores quanto di odio nei confronti di quaranta milioni di poveri che sono stati inclusi e che occupano ora gli spazi che prima erano riservati alle classi benestanti

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Domenica scorsa, circa 1,7 milioni di persone hanno partecipato a diverse manifestazioni convocate dall’opposizione in ventisei capitali provinciali del Brasile e nella capitale federale Brasilia chiedendola destituzione della presidente Dilma Roussef. La moltitudine la responsabilizza della corruzione di Petrobras , la impresa petrolifera statale e privata, ma dietro tutto questo c’è la mano nera esperta in rivoluzioni che ora sta operando acutamente in Brasile.

Recentemente la Suprema Corte de Brasil autorizzò l’apertura delle investigazioni su cinquantuno politici, tra questi due governatori e trentaquattro legislatori, incluso il presidente del Senado, Renan Calheiros e quello della Cámara Baja, Eduardo Cunha. Apparentemente tutti erano coinvolti nella rete di corruzione di Petrobras che ha dirottato dall’impresa, tra il2004 e il 2012, circa 3700 milioni di dollari attraverso il riciclaggio di denaro e sovrafatturazione in lavori e contratti. Il supposto autore di questa rete, ex direttore dei servizi di Petrobras, Renato Duque è già stato arrestato e sta collaborando con gli investigatori.

Certamente le proteste in termini generali mostrano la solidità della democrazia in Brasile, recuperata trenta anni fa dopo ventuno anni di dittatura militare (1964-1985), e a riconoscerlo è stata la stessa Rousseff. Tuttavia i cortei di domenica scorsa non sono stati espressione di una reazione spontanea del popolo che espressa la propria indignazione, ma sono stati preparati ed organizzati dalla destra nazionale sconfitta alle elezioni presidenziali nel 2002, 2006, 2010 e 2014. Le sue parole d’ordine durante questi dodici anni di governo del Partito de Trabajadores (PT) continuano ad essere sempre le stesse : Fuera Lula ! Fuera Dilma ! Fuera PT !

Il teologo e filosofo brasiliano Leonardo Boff, nelle sue analisi delle recenti proteste, ha affermato che “in Brasile c’è una rabbia generalizzata contro il PT, che è piuttosto una rabbia indotta dai mezzi di comunicazione, e non si tratta tanto di odio nei confronti del Partito de Trabajadores quanto di odio nei confronti di quaranta milioni di poveri che sono stati inclusi e che occupano ora gli spazi che prima erano riservati alle classi benestanti”. Come ha detto lo scrittore e giornalista argentino José Steinsleger, invocando il film del famoso cineasta brasiliano Glauber Rocha”El León de 7 Cabezas” (1970), le sette teste dell’opposizione in Brasile rappresentano i banchieri, i latifondisti, gli imprenditori, i tecnocrati, i mezzi di comunicazione, i narcos e le sette religiose impegnati a rovesciare “il processo di cambiamento e giustizia sociale più profondo e prolungato che ha vissuto il Brasile dai tempi di Getulio Vargas e Joao Goulart (1951-1964)”.

La destra brasiliana non ha mai potuto accettare questi dodici anni del governo PT e la perdita del controllo del paese, della società e della nazione. Come non ha mai voluto riconoscere i successi dell’ultima decade dei governi di Lula da Silva e di Dilma Rousseff. La povertà relativa è scesa dal 36.4 % del 2002 al 18.6 % del 2014 e la povertà estrema dal 15 al5.29 %. Milioni di persone sono state beneficiate con abitazioni popolari,sussidi, accesso alla sanità e all’educazione; il salario minimo è stato aumentato e la disuguaglianza è diminuita.

La destra brasiliana non ha mai potuto accettare questi successi nonostante i governi di Lula e Dilma non abbiano osato finirla con il neoliberalismo, anche se sono riusciti a modificarlo leggermente ed a creare condizioni per la crescita economica con una redistribuzione della ricchezza più equa. Per questo continua ad aumentare le pressioni sul governo del PT tentando di screditarlo. La classe media partecipa a questo gioco, ed è influenzata dai mezzi di comunicazione guidati dall’oligarchia.

I mezzi di comunicazione brasiliani, in mano a quattordici gruppi familiari che possiedono il 90% del mercato della comunicazione, hanno assunto il ruolo di principale partito d’opposizione. Lo ha riconosciuto nel2010 la direttrice del quotidiano conservatore nazionale Folha de Sao Paulo,Judith Brito, che ha segnalato che “dato che l’opposizione si trova profondamente debilitata, sono i mezzi di comunicazione che di fatto portano avanti il lavoro. A volte con molta immaginazione”.

Ciò che dice Brito significa, nel mondo del giornalismo,distorcere la realtà accomodandola agli interessi della elite e convertire il falso nel vero, e qualsiasi errore o difficoltà del governo in crimine o inattitudine ad assecondare il malcontento popolare. A tali sedicenti difensori della democrazia non importa rovesciare, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, un governo democraticamente eletto dalla maggioranza della popolazione.

Le manifestazioni del 15 marzo hanno confermato questi piani dell’opposizione, che nemmeno è stata capace di elaborare e presentare un piano coerente per indirizzare l’economia nazionale in un momento in cui attraversa una fase di forti difficoltà, ne tantomeno è riuscita ad individuare i mezzi con i quali contrastare la corruzione. Il principale candidato oppositore per il Partido Social Democracia Brasilena (PSDB), Aecio Neves, che subì lasconfitta nelle elezioni presidenziali del 2014, ha arringato i manifestanti per rovesciare la presidente Rousseff, assestare i programmi sociali e non permettere che il Brasile diventi una nuova Venezuela, secondo quanto ha detto.In totale circa venti organizzazioni, movimenti e partiti sono scesi in piazza per esigere la destituzione dell’attuale governo, e tra loro i movimenti Vem Para Rua (Ven a la Calle), conosciuto dal 2013 come uno degli organizzatori delle proteste contro la Coppa del Mondo, Revoltados Online, che ha cominciatola sua militanza undici anni fa lottando contro la pedofilia e finendo con l’appoggiare l’idea di un governo militare, e Movimiento Brasil Livre che riunisce molti universitari.

Nemmeno sono mancati i Legalistas, e la loro idea di un ritorno dei militari al potere per “calmare l’economia e terminare la corruzione”, con le parole d’ordine “SOS Fuerzas Armadas”. Sembra proprio che questi settori abbiano dimenticato il golpe del 1964 e la conseguente repressione degli oppositori, che continuò fino al 1985.

Tutti questi sostenitori del colpo di Stato dovrebbero rivedersi i documenti del dipartimento di Stato nordamericano del 1967-1977 che il vicepresidente Joe Biden ha consegnato a Dilma Rousseff durante la sua visita per la Coppa del Mondo. In questi dispacci si menziona il fatto che i brasiliani hanno sviluppato un nuovo “sistema di tortura basato sulla coazione psicofisica per intimidire e terrorizzare i sospettosi”. Quello che non è menzionato sui documenti statunitensi è che l’inventore di questo sistema è stato il tristemente famoso torturatore ed ex agente dell’FBI Dan Mitrione, il padre della “Silla de Dragón” che dal 1960 al 1967 andò in Brasile a perfezionare la sua diabolica arte e che poi operò in Uruguay dove fu giustiziato dai tupamaros. In questi stessi documenti l’ambasciatore statunitense in Brasile, William Rountree, raccomandava cinicamente al dipartimento di stato di “prendere in considerazione la sensibilità e l’orgoglio nazionale dei brasiliani ed evitare tentativi di pressione sul governo rispetto alla tortura, per non danneggiare le relazioni”. Dimenticare tutto questo sarebbe un crimine.

Tuttavia, l’opposizione senza poter contenere la sua rabbia di classe non prende in considerazione le conseguenze di un colpo di Stato. Simultaneamente, i suoi colleghi delle elites globalizzate internazionali e in particolare gli “illuminati” globalizzatori nordamericani vedono la possibilità di finirla con il Brasile come paese sovrano, allontanarlo da UNASUR e CELAC e debilitare il gruppo BRICS che rappresenta un pericolo per l’egemonia degli USA e del sistema economico mondiale creato dal Fondo MonetarioInternazionale, la Banca Mondiale e la Federal Reserve americana.

Nemmeno dobbiamo dimenticarci le rivelazioni di Snowden rispetto al Brasile: “Whats’s Behind Hidden CIA Base in Brazil”. In questo documento l’ex tecnico NSA parla dell’interesse geopolitico del nordamerica verso il Brasile e specialmente verso i suoi giacimenti di petrolio recentemente scoperti in mare, che arrivano a contenere intorno ai 100.000milioni di barili. Il problema è stato che tanto il governo Lula quanto quelloDilma ha preferito firmare contratti con la corporazione cinese SINOPEC invece che Chevron. A maggio del 2013 il vicepresidente USA Joe Biden, durante una visita in Brasile, cercò di persuadere invano la presidente Rousseff a lasciar entrare le imprese energetiche statunitensi nel mercato brasiliano.Curiosamente, due mesi dopo la sua fallita visita, cominciarono ondate di proteste sempre più intense contro il governo del Partido de Trabajadores. L’opposizione ha già annunciato il prossimo corteo per il 12 aprile:”No nos dispersemos!”.

Secondo il ministro di Giustizia brasiliano José Eduardo Cardoso, “la richiesta di destituzione contro Dilma puzza di golpe”. La stampa internazionale sta divulgando ripetutamente notizie sul fallimento economico del governo Rousseff, la corruzione, l’isolamento della presidente e il malcontento popolare, occultando i successi del suo governo durante questa decade. Lentamente si stanno creando condizioni per una “revolución de colores” e per far tornare il Brasile tra le braccia degli Stati Uniti.  Fino ad ora non si sa della partecipazione diWashington nell’organizzazione delle manifestazioni. Tuttavia, circa 400 agenti di differenti servizi d’intelligenza statunitense sarebbero arrivati recentemente alle ambasciate nordamericane in Brasile, Bolivia, Venezuela, Ecuador,Argentina e Cuba, secondo quanto denunciato dal periodista venezuelano José Vicente Rangel.

Si sta cucinando qualcosa in questo paese. Nel caso di Dilma Rousseff il suo destino verrà deciso il prossimo settembre durante la sua visita a Washington. Mentre sulla possibile reazione del popolo brasiliano alla decisione dell’opposizione di destituire la presidente è difficile esprimersi esattamente, per il momento. Il popolo, nell’espressione del poeta inglese Alexander Pope, “è una fiera di multiple teste” ed anche loro stanno organizzando cortei ed azioni di appoggio.

Fonte :
http://mundo.sputniknews.com/firmas/20150319/1035488417.html#ixzz3Upjgkal2

 

VENEZUELA MINACCIA(TA)

Di Luis Britto García.
Traduzione di Davide Angelilli

19-3-2015 Venezuela Minaccia(ta)

  1. Come può il Venezuela essere considerata una “minaccia straordinaria e inusuale alla sicurezza nazionale e alla politica estera statunitense? Siamo un paese di media estensione, con modesto sviluppo industriale, armamento convenzionale, esercito con moderato numero di effettivi e che, da quando liberammo quelle che oggi sono cinque repubbliche a inizio del secolo XIX, mai ha aggredito nessun popolo.
  2. Venezuela minaccia con l’esempio. L’impero vive del saccheggio delle risorse naturali delle industrie basiche delle nazioni periferiche. Venezuela è l’eloquente dimostrazione di che un paese può utilizzare i due elementi a beneficio del suo popolo per vie democratiche e costituzionali.
  3. L’impero ricorrerà a otto vie complementari per annichilare il Venezuela. La prima, l’esacerbazione della guerra economica con un bloqueo progressivo per forzare un risultato avverso al bolivarismo nelle elezioni per i Potere Legislativo. La seconda, utilizzare questa maggioranza desiderata per un golpe di Stato parlamentario in stile Paraguay. La terza, l’intensificazione del terrorismo dei paramilitari e mercenari per simulare uno scenario da “guerra civile”. La quarta, per coronare questo montaggio proverà ad assassinare il presidente o un attentato di falsa bandiera. La quinta, un intervento militare di un altro paese della regione. La sesta, un’aggressione diretta con truppe e macchine imperiali, dalle basi che già stanno in America Latina e il Caribe. La settima, la campagna mediatica per nascondere e deformare la natura delle precedenti aggressioni, al paese e al mondo. L’ottava, l’aggressione diplomatica per tirare fuori dagli organi internazionali verdetti di condanna al paese.
  4. Come salvarci? Combattere la guerra economica che demoralizza a la cittadinanza, con l’assunzione statale del controllo delle importazioni basiche, con implacabili sanzioni contro imprese corrotte e complici in frodi cambiarie, speculatrici, e di contrabbando d’estrazione, e con la promulgazione di leggi per regolare delitti finanziari, tradimento alla patria e infrazioni di sicurezza. Vincere le elezioni parlamentari con reputazione immacolata, non coinvolti in delitti né corruzioni.
  5. Così come terziarizza la sua economia, gli Stati Uniti terziarizzano i suoi eserciti. Prima l’integrano con mercenari reclutati trai sui ispani, afroamericani, gli emarginati; dopo, fonda finanzia e equipaggia organizzazioni terroriste composte da sicari e terroristi sotto salario come Al Qaeda e El Daesh. Probabilmente, l’aggressione al Venezuela si terziarizzerà attraverso di un terzo paese o delle loro forze paramilitari, che hanno infiltrato profondamente la nostra società. Molti degli integranti furono arrestati attuando durante le ondate terroriste del 2014. È opportuna un’azione congiunta tra organismi di sicurezza e movimenti sociali per localizzare e neutralizzare questi invasori silenziosi prima che tornino a mobilitarsi. In ogni caso, non è sicuro il trionfo degli aggressori.
  6. Potenziamo le misure di sicurezza per dirigenti e figure chiavi, così come per installazioni e persone statunitensi. Convinciamo a paesi vicini, che da mezzo secolo combattono infruttuosamente un’insurrezione interna, che sarebbe impossibile vincere contro una sollevazione interna e un’altra esterna.
  7. Nelle aggressioni imperiali, l’esercito convenzionale del paese vittima è spesso distrutto dopo poche settimane. Quello che decide il conflitto è la resistenza popolare. Il popolo venezuelano non può aspettare che cadano bombe per preparare la difesa. Organizzazioni popolari, movimenti sociali, sindacati, partiti, comunas, cooperative, devono già da ora coordinare con il governo e l’esercito regolare risposte, strategie di sopravvivenza e per preparare il popolo alla guerra.
  8. Abbiamo costruito un sistema di mezzi di servizio pubblico, comunitari, alternativi che ci permettono maneggiare la battaglia comunicativa interna. Bisogna riformare e dinamizzare senza esitazioni questo sistema per portarlo alla sua massima efficacia. Dobbiamo utilizzare i satelliti che disponiamo per portare questo messaggio al mondo.
  9. Venezuela ha fatto quasi più di qualunque altro paese per lo sviluppo di una diplomazia multipolare. Incorporata al Mercosur, motore di organizzazioni integrazioniste latinoamericane come l’ALBA, la Celac e Unasur che escludono a Stati Uniti e Canada. Venezuela ha consolidato relazioni con Asia e Africa e con i paesi Non Allineati. Queste reti diplomatiche hanno un peso negli organismi internazionali e devono essere usate per propiziare nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU il veto di Russia e Cina, impenetrabile scudo contro l’interventi.
    Cuba ce l’ha fatta. Noi anche.

 

 

Fonte:
http://luisbrittogarcia.blogspot.com.es/2015/03/venezuela-amenazada.html

 

La comunità cristiana americana contro la Casa Bianca

Traduzione di Lorenzo Mastropasqua.

5 teologi e attivisti dei diritti umani scrivono a Obama riguardo la questione venezuelana.

Gli ambienti religiosi spesso sono fondamentali nel determinare la politica di un paese, in questo testo si coagulano le opinioni di 5 importanti personalità del mondo religioso americano (sia latino che statunitense) che si scagliano apertamente contro l’ordine esecutivo della Casa Bianca di classificare il Venezuela come minaccia per la sicurezza nazionale.

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1° foto: Miguel D’escoto prete cattolico(Maryknoll) ex cancelliere del Nicaragua, ex presidente dell’Assemblea generale dell’Onu. 2°foto: Ramsey clark avvocato e ex procuratore generale degli Stati Uniti. 3° foto: Pedro Casàldaliga Vescovo di Altava(Brasile) poeta e teologo della liberazione 4° foto: Leonardo Boff(Brasile) prete francescano insegnante filosofo e teologo della liberazione 5° foto: Thomas Gumbleton Vescovo cattolico di Detroit e attivista dei diritti umani.

Caro presidente Obama,

ti salutiamo come un fratello, discepolo di Gesù, con tutto l’amore e il rispetto che ti dobbiamo, come del resto in conformità ai nostri voti, dobbiamo a tutti, compresi quelli che con noi si comportano da nemici.

Cosa ti è successo, caro fratello? Cosa ne è stato dell’intrepido e luminoso Obama che, nel 2008 attraverso la sua campagna presidenziale, ha parlato del cambiamento, di un VERO cambiamento che contemplasse l’adesione del popolo? Tu hai ridato la speranza a milioni di persone, non solo negli Stati uniti ma ovunque nel mondo, a noi compresi. Ci ricordiamo dei tanti sondaggi fatti a persone afroamericane, molte delle quali non erano favorevoli alla tua elezione, non perché non ti amassero o perché non erano d’accordo con i valori che difendevi. Loro ti amavano troppo. Temevano la tua morte per mano del sistema industrial-militare e finanziario, che si sarebbe sicuramente attivato se tu avessi avuto il coraggio di affrontarlo con la tua visione e la tua promessa di riportare gli Stati uniti nella comunità «umana».

Sicuramente saprai che gli Stati uniti da sono sempre il paese più odiato nella storia del mondo, per la loro arroganza e la loro ossessione nazionalista e diabolica, di dominazione planetaria. Contrariamente ad alcuni tuoi predecessori come Ronald Reagan e George W. Bush, che non si sono certo distinti per la loro intelligenza, tu sei senza dubbio una persona dotata di spiccate facoltà intellettive. Di più, hai manifestato un attaccamento a dei valori morali ed etici profondamente ancorati nella tua coscienza ed un’adesione ai valori di Gesù, che  di fatto sono i valori di tutti i grandi leader spirituali di ogni religione del mondo. Quello che ci spinge, caro fratello, a scriverti questa lettera, è il vergognoso decreto esecutivo di «urgenza nazionale» che hai adottato il 9 marzo 2015 dichiarando che «la situazione in Venezuela rappresenta una minaccia inabituale e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera degli U.S.A».

Visto come ti sei comportato, non possiamo non pensare alla decisione presa da Reagan, ormai  trent’anni fa, di appoggiare le Contras nella guerra contro il Nicaragua Sandinista negli anni ’80. Questa decisione, che consideriamo vergognosa ed estremamente ipocrita, è anche una violazione flagrante del diritto internazionale: trattandosi di una minaccia dell’uso della forza contro il Venezuela e allo stesso tempo un’ incitamento ai tuoi scagnozzi venezuelani di continuare gli sforzi per destabilizzare il paese.

Dovresti sapere, caro fratello, che in America Latina esiste un sentimento crescente d’unità e solidarietà che attraversa tutta la regione. Nello stesso tempo, rigettiamo il tuo arrogante ordine esecutivo interventista, e ti auguriamo di voltarti verso Gesù, la fratellanza e la solidarietà; abbandonando una volta per tutte i demoni della cupidigia, della guerra e della dominazione planetaria.

Continueremo a pregare per te e per i tuoi cari.
Il tuo paese è il nostro mondo.

  • Miguel d’Escoto Brockmann, Prete Maryknoll, Nicaragua
  • Pedro Casaldaliga, Vescovo, Brasile
  • Ramsey Clark, Stati uniti
  • Leonardo Boff, Brasile
  • Thomas Gumbleton, Vescovo, Stati uniti

Fonte: https://venezuelainfos.wordpress.com/2015/03/15/6924/

L’imperialismo oggi. “Diritti umani o interessi di classe?”

clip_image052di Geraldina Colotti per CaracasChiAma

La bandiera dei diritti umani, si sa, può essere tirata da tutti i venti e non è detto che il vento più forte ne scopra il lato veritiero. E così, il presidente di uno stato che si considera il gendarme del mondo dichiara, senza paura del ridicolo, che il Venezuela è “una minaccia straordinaria” per la propria sicurezza nazionale, e decide di emettere sanzioni contro il governo di Nicolas Maduro per presunte violazioni ai diritti umani. Come può un paese piccolo il cui esercito non ha mai aggredito nessuno minacciare gli Stati uniti? Qualunque essere senziente dovrebbe porsi la domanda, e poi chiedersi ancora: con quale credibilità può ergersi a paladino dei diritti umani un governo come quello Usa, promotore di guerre e barbarie, alleato e complice dei governi più liberticidi? L’ipocrisia risulta più evidente osservando il disinteresse per i dati provenienti dal Messico, un paese in cui scompare una persona ogni 90 minuti. Ecco quanto ha appurato Juan Mendez, relatore speciale delle Nazioni unite sulla tortura e altri tratti o pene crudeli, inumane e degradanti: in Messico, la tortura è generalizzata e viene applicata in un contesto di totale impunità. Recita il rapportoprotesta-despaarecidos-turq_0_0_628_524_94_0_765_560 Onu: “La tortura e i maltrattamenti durante i momenti che seguono alla detenzione e prima del deferimento al giudice, in Messico sono generalizzati e avvengono in un contesto di impunità”. Il relatore ha visitato il paese tra il 21 aprile e il 2 maggio del 2014, dunque prima della scomparsa dei 43 studenti “normalistas”, attaccati dalla repressione congiunta di polizia e narcotrafficanti il 26 settembre del 2014. Un caso che ha commosso il mondo e che ha portato sotto i riflettori la terribile realtà delle scomparse in Messico e l’eliminazione degli oppositori politici. La relazione di Mendez dice che, nella pratica corrente della tortura “ è evidente la partecipazione attiva delle forze di polizia e di quelle ministeriali di quasi tutte le giurisdizioni, e anche quella delle Forze armate”, e che risulta anche “la tolleranza, indifferenza e complicità da parte di alcuni medici, difensori pubblici, giudici e procuratori”. Il relatore denuncia altresì che, soprattutto nelle prime fasi dell’arresto, le possibilità di preservarsi dalla tortura e dagli abusi e di chiedere “un’inchiesta rapida, imparziale, indipendente ed esaustiva sono minime”.

Non ce ne sarebbe a sufficienza per sanzionare il governo neo-liberista di Enrique Pena Nieto, grande amico degli Usa?

E che dire dell’Honduras, paese in cui dopo il golpe del 2009 contro il presidente Manuel Zelaya gli assassinii di oppositori politici e di giornalisti sono moneta corrente al pari del Guatemala dell’ex generale Otto Pérez Molina?

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In tutta evidenza, quelli che gli Usa difendono, non sono “diritti”, ma interessi: interessi di classe, di rapina e di mercato, imposti con le guerre imperialiste che li alimentano. “La vera minaccia per il popolo degli Stati uniti è il suo governo”, ha detto Nicolas Maduro. Come dargli torto?

Washington difende gli interessi dei golpisti venezuelani, messi in carcere non per le loro idee, ma per atti concreti, per dei reati che, negli Usa e in Europa, sarebbero costati ergastoli o poco di meno. In Italia, in Spagna, in Germania, ne sanno qualcosa i movimenti rivoluzionari di ieri e di oggi. E gli Usa, non hanno forse tenuto in carcere per 16 anni i cinque eroi cubani e lasciato liberi gli eversori di Miami? E non rimane da oltre trent’anni nelle carceri Usa l’indipendentista portoricano Oscar Lopez Rivera? E l’Italia non ha forse messo in galera quasi 6.000 militanti della lotta armata di sinistra degli anni ’70-80? Non hanno forse torturato le democrazie italiana e spagnola e condannato a centinaia di ergastoli i militanti brigatisti e quelli baschi?

In Venezuela, il 27 febbraio del 1989, durante la rivolta popolare denominata il Caracazo sono state uccise e fatte scomparire circa 3.000 persone: ma non c’è stata condanna per l’allora governo Pérez che ha dato ordine di sparare sulla folla inferocita dalla fame e dall’esclusione sociale. “Mano dura contro gli incappucciati”, proclamava l’allora governatore di Caracas Antonio Ledezma… E nessuna condanna è stata emessa dagli organismi internazionali dopo il colpo di stato contro il legittimo governo di Hugo Chavez, nel 2002. Anche allora, Ledezma era della partita, insieme alla pasdaran degli Usa, Maria Corina Machado e all’altro golpista Leopoldo Lopez. Quest’ultimo, come hanno mostrato i documenti pubblicati da Wikileaks – il sito che ha reso noto il Cablogate -, è al soldo di Washington da vent’anni. Tuttavia, mentre lui ha potuto liberamente complottare in Venezuela, fino alle violenze dell’anno scorso, il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, ha dovuto rifugiarsi nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per sfuggire all’ira di Washington. Quanto a Henrique Capriles, altro ex golpista, sobillatore delle violenze post elettorali dell’aprile 2013, oggi è più defilato, ma il programma che propone il suo campo non è meno insidioso.

E’ dunque il “diritto al golpismo” quello che gli Usa difendono, il diritto a sovvertire i governi non subalterni, il diritto a cancellare il cambiamento più profondo che abbia mai interessato il Venezuela: una rivoluzione per le classi popolari in un paese che custodisce le più importanti riserve certificate di petrolio al mondo.

Eppure, anche alcuni dirigenti della sinistra, in Europa e nell’America latina, hanno agitato la bandiera dei “diritti umani” come un’arma contro il Venezuela: in Spagna, Pablo Iglesias ha dichiarato di essere contrario alla detenzione di Ledezma; in Uruguay, il vicepresidente Raul Sendic (subito corretto dalle dichiarazioni dell’ex presidente Pepe Mujica) ha affermato che “non ci sono prove” delle ingerenze Usa in Venezuela; in Argentina, un candidato di sinistra alla presidenza, Jorge Altamira, ha difeso la ex deputata Machado e ha accusato di golpismo il governo bolivariano. Di tutt’altro tenore, invece, le dichiarazioni della presidenta argentina Cristina Kirchner, che ha ben chiara a portata del progetto reazionario perseguito dai poteri forti contro l’America latina progressista, dal Venezuela, all’Argentina, al Brasile. E tuttavia, in Europa e in Italia in particolare, si continua a parlare dell’esistenza di “due sinistre” latinoamericane: una, bollata come “caudillista” a cui, nell’eredità di Cuba, appartengono il Venezuela e i paesi dell’Alba. Un progetto da sanzionare e contrastare. Un’altra, più soft e accettabile, più simile alle tanto decantate democrazie europee, a cui apparterrebbero paesi come Uruguay e Brasile. Una sinistra da giocare in chiave antisocialista, anche se – all’atto pratico – risulta appartenere al campo delle relazioni solidali sud-sud. Ma, intanto, su questa scia e nel solco di Washington, il Parlamento europeo ha condannato il governo Maduro per le presunte “violazioni dei diritti umani” dell’opposizione.

Nicaragua_Libre_Ninha_Grafiti_450RDavvero la bandiera dei diritti umani non basta (e a volte non serve) per indicare un giudizio se non a patto di assumersi fino in fondo la propria scelta di campo. Il campo della borghesia è quello che, con un discorso analogo a quello pronunciato da Obama contro il Venezuela, nel 1980 ha condannato il Nicaragua sandinista alla barbarie dei Contras per bocca di Ronald Reagan. Il campo della borghesia ha dalla sua i grandi media e la loro lingua biforcuta, che capovolge i dati e il senso delle cose. E così, la Dea (l’antidroga Usa), con una mano favorisce il narcotraffico per pagare l’eversione contro il socialismo, con l’altra definisce narcotrafficanti gli stati come la Bolivia che rifiutano la sua tutela, o persegue con la stessa accusa le organizzazioni armate, come le Farc in Colombia, che lottano a fianco dei contadini e dei diseredati. E ora rivolge la medesima arma contro il Venezuela, benché abbia facilitato il processo di pace tra Farc e governo Santos fin dal principio. O appunto per questo.

L’altro campo, è quello di chi ha a cuore la libertà e la giustizia sociale, un binomio inseparabile e un termometro di civiltà. Il campo di chi riconosce il diritto inalienabile di un popolo a scegliere, in modo trasparente e consapevole, il cammino per realizzarle. Il campo di chi difende il diritto degli oppressi al proprio riscatto e non ha paura di farsene contagiare.

Venezuela: Barack Obama dichiara l’urgenza nazionale, Fidel Castro solidale con Nicolas Maduro

obamaTraduzione di Lorenzo Mastropasqua.

ANCORA SANZIONI CONTRO IL GOVERNO DI NICOLAS MADURO DA PARTE DI WASHINGTON.

Un ordine esecutivo della Casa Bianca dichiara “l’urgenza” per il “pericolo inabituale” che minaccia la sicurezza nazionale. Il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato questo lunedi, che prenderà nuove misure contro il governo venezuelano per le “così dette” violazioni dei diritti dell’uomo e ha dichiarato l’urgenza nazionale a causa di rischi straordinari generati dalla situazione di questo paese che minaccerebbero la sicurezza degli Stati uniti.

Il Congresso degli Stati uniti aveva già approvato il 10 dicembre scorso delle sanzioni contro i funzionari venezuelani, e ratificate da Obama il 18 dicembre ma niente era stato fatto fino a questo lunedi giorno in cui la Casa Bianca ha diffuso i nomi delle persone colpite dalle sanzioni, tra le quali risultano 7 figure di spicco: Benavides Torres ex leader del Gnb, Gustavo Enrique González López, direttore del Servizio nazionale d’intelligence (Sebin) e presidente del Centro strategico per la sicurezza e la protezione della patria (Cesspa), Justo José Noguera Pietri, presidente della Corporazione venezuelana della Guyana (Cvg) e già comandante della Guardia nazionale (Gnb), Katherine Nayarith Haringhton Padron, procuratore a livello nazionale del 20esimo distretto venezuelano, Manuel Eduardo Pérez Urdaneta direttore della Polizia nazionale bolivariana, Manuel Gregorio Bernal Martínez a capo della 31esima brigata corazzata dell’esercito venezuelano ed ex direttore della Sebin e, infine, Miguel Alcides Vivas Landino, ispettore generale delle forze armate e già comandante della Redi. Il comunicato diffuso riporta: «la Casa Bianca è profondamente preoccupata dalle azioni del governo venezuelano tese a intimidire gli avversari politici» il documento si conclude con la richiesta di liberazioni di tutti i “prigionieri politici”.

Secondo gli Stati uniti, questi funzionari sarebbero implicati in faccende che violano i diritti umani, precisamente per aver fermato “il piano di uscita”(allusione alle dimissioni del presidente Maduro) durante le contestazioni putschiste svoltesi tra Febbraio e Maggio scorso nelle quali 43 persone sono state uccise, molte delle quali con un colpo d’arma da fuoco alla testa. In risposta a queste provocazioni si è costituito il “Comitato delle vittime delle guarimbas” per far conoscere al mondo la loro storia, occultata meschinamente dal resto dei media. Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha dichiarato che “i funzionari dello Stato bolivariano che hanno violato i diritti dei cittadini venezuelani, non sono i benvenuti nel territorio, e che gli Stati uniti dispongono di strumenti per bloccare i lori assett e l’uso che fanno del sistema finanziario nordamericano”.

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bandierecubaIL GOVERNO CUBANO SOLIDALE
Nella giornata di ieri si è espresso anche il governo rivoluzionario della Repubblica di Cuba, dichiarando: l’atto che qualifica il Venezuela come “paese minaccia” è arbitrario e aggressivo. Questo documento simboleggia una rappresaglia alle misure che il governo bolivariano ha adottato per difendere la propria sovranità di fronte alle ingerenze del Congresso degli Stati uniti. Come potrebbe il Venezuela minacciare gli Stati uniti? Considerando che il Venezuela è a migliaia di chilometri di distanza, non dispone di armi strategiche, e non impiega né risorse né funzionari per cospirare contro l’ordine costituzionale statunitense, questa dichiarazione appare poco credibile e rivela i veri obiettivi di chi l’ha emessa. Una tale esternazione, in un anno di elezioni legislative in Venezuela riafferma, ancora una volta, il carattere offensivo della politica estera statunitense. La gravità di questo atto esecutivo ha messo in allerta i governi dell’America Latina e quelli dei Caraibi, che, nel gennaio 2014 durante il 2° summit della Celac a l’Avana, hanno dichiarato la regione “Zona di Pace” e condannato tutti gli atti che possono destabilizzare il continente, dal momento che hanno già accumulato abbastanza esperienze di “interventismo imperiale” nel corso della loro stroria. Il governo rivoluzionario della Repubblica di Cuba riafferma di nuovo il suo sostegno incondizionato, e quello del suo popolo, alla Repubblica bolivariana, al governo legittimo del presidente Nicolas Maduro Moros e all’eroico popolo fratello del venezuela. Nessuno ha il diritto di intervenire negli affari interni di uno Stato sovrano né di dichiararlo, senza ragione, minaccia per la sua sicurezza nazionale. Così come Cuba non è mai stata sola, anche il Venezuela non lo sarà.

fidel_hugoLETTERA DI FIDEL CASTRO
Anche Fidel Castro ha voluto ricordare ancora una volta il suo appoggio a Nicolas Maduro inviandogli una lettera che lo incoraggia e lo loda per il discorso sostenuto in risposta alle misure del governo degli Stati uniti: «Caro Nicolas Maduro, Presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela: mi congratulo con te per il tuo brillante e coraggioso discorso intrapreso per rispondere ai piani brutali del governo degli Stati uniti. Le tue parole passeranno alla storia come prova che l’umanità può e deve conoscere la verità».

L’avana 9 Marzo 2015

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Fonti:

Narrazioni Tossiche: In Venezuela puniscono i capri espiatori

Il mercoledì delle Narrazioni tossiche: L’editoriale del New York Times, datato 5 marzo 2015, ci presenta un Maduro sconclusionato e in affanno nel tentativo di arginare una crisi, a detta del fogliaccio nordamericano, figlia solo dell’inefficienza del governo bolivariano.

History is likely to record it as yet another self-inflicted wound by a leader whose relatively short time in power has been characterized by impulsive, erratic and vengeful behavior.

 Venezuelan acting president Nicolás MaduroLa strategia di governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro si affida sempre più alla ritorsione e allo scarico di responsabilità verso i capri espiatori, per i propri fallimenti. Approccio che nell’ultimo fine settimana ha raggiunto livelli grotteschi, con l’annuncio del presidente della riduzione forzata del personale dell’ambasciata statunitense a Caracas da 100 funzionari fino a 17, e la necessità per i cittadini americani di un visto per entrare in Venezuela.

In apparente risposta alla recente decisione all’amministrazione Obama di proibire ad alcuni funzionari venezuelani sospettati di violazione dei diritti umani di viaggiare negli Stati Uniti, Mr. Maduro ha svelato la sua lista personale, dichiarando l’ex presidente George W. Bush, l’ex vice presidente Dick Cheney e l’ex direttore della Cia George Tenet, personae non gratae.

Maduro inoltre ha segnalato che i diplomatici statunitensi rimasti in Venezuela hanno l’obbligo di dichiarare ogni appuntamento, presumibilmente con chiunque, al suo governo. La manovra intende combattere l’”aggressione imperialista”, ha detto sabato ad una folla di sostenitori durante uno sconclusionato quanto esuberante intervento.

Il teatrino di Maduro replica ai dimostranti antigovernativi, scesi in piazza nella città occidentale di San Cristobal, per denunciare la morte di un ragazzo quattordicenne, ucciso da un colpo d’arma da fuoco la scorsa settimana durante una manifestazione. Denigrare i nordamericani durante un momento di crescente malcontento e dell’intensificarsi della crisi economica forse potrà galvanizzare la base nel breve periodo, ma alla lunga può solo danneggiare il suo governo. E la storia presumibilmente registra questo atteggiamento come l’ennesimo autogol di un leader il cui breve operato è stato caratterizzato da un comportamento impulsivo, incoerente e vendicativo.

La richiesta del visto di entrata in Venezuela per gli statunitensi potrebbe diventare ancora l’ennesimo disincentivo per i cittadini del più importante partner commerciale del Venezuela, a  investire nel paese. Smembrare lo staff diplomatico dell’ambasciata Usa a Caracas, potrebbe parimenti rendere più difficoltoso per i venezuelani viaggiare, e fare affari, negli Stati Uniti.

Ad ogni carcerazione ed espulsione di altri capri espiatori, i limiti di Maduro verranno inevitabilmente messi a fuoco.

 

Articolo originale: http://www.nytimes.com/2015/03/06/opinion/in-venezuela-punishing-scapegoats.html?_r=1

Napoli, vento nuovo nel PSUV, e il futuro della Rivoluzione in Venezuela. G. Colotti per Caracas ChiAma

di Geraldina Colotti per CaracasChiama

In questo nuovo editoriale per Caracas ChiAma (che arriva eccezionalmente il martedì) Geraldina Colotti disegna una mappa immaginaria, che va da un sacchetto di farina in vendita a Napoli alle manifestazioni delle donne in Venezuela

 

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Iniziamo raccontando due episodi, accaduti in Italia, che rispecchiano la realtà del Venezuela: la realtà del sabotaggio, dei complotti e di quella che il governo chiama, aragion veduta, la “guerra economica”, scatenata contro il socialismo dall’impresa privata e dal grande capitale internazionale. A Napoli, in qualche negozio capita di poter comprare la “Harina Pan”. Si tratta di un tipo di farina di mais precotto ove Pan sta per “Producto Alimenticio Nacional”, prodotto alimentare nazionale. Un alimento che piace molto ai venezuelani e che viene prodotto dalla grande impresa privata Polar. La Harina Pan non basta mai a coprire la richiesta e, nei discorsi dell’opposizione, diventa il simbolo della presunta penuria di alimenti. Ora, il dato singolare è che la farina risulta essere stata importata in Italia dalla… Colombia. E come mai, se non ce n’è abbastanza per il consumo del paese, se – come hanno strillato i vertici di Polar – produrla costa troppo, ce n’è così tanta da “esportarla” in Colombia e da lì in Europa? E tornano in mente quelle immagini scattate negli empori di Cucuta, in Colombia, ben forniti di ogni merce che scarseggia invece inVenezuela. Cucuta è una città di frontiera, ed è una delle mete principali del contrabbando di alimenti: si fa incetta di beni di consumo venduti a prezzo calmierato in Venezuela e li si rivende oltreconfine. Un business più lucroso del narcotraffico.  Per la cronaca, come ha scritto la rivista Forbes che classifica i super milionari, tra questi risultano ben tre grandi imprenditori venezuelani: ma non erano stati debilitati dal socialismo? E invece risulta che hanno accresciuto i propri profitti, pur avendo dovuto sottostare alle leggi che garantiscono la tutela del lavoro e quindi rinunciare a qualche boccone della torta. I super ricchi appartentono al gruppo Cisneros – attivo nel campo della comunicazione, delle tecnologie, oltreché in quello dei beni e dei servizi -; al gruppo finanziario internazionale Banesco; e appunto alla Polar, principale produttore di bibite ealimenti, diretto da Lorenzo Mendoza.

Per ridurre il fenomeno dell’accaparramento truffaldino e la compulsione all’acquisto dettata dalla propaganda mediatica, il governo Maduro ha cominciato a installare in tutti i supermercati circa 20.000 scanner per il controllo delle impronte, ed evitare così che le persone tornino più volte a comprare. Intanto, quando i militanti segnalano episodi di sabotaggio, il governo occupa i grandi supermercati insieme alla popolazione e cerca di raddrizzare le storture. Una fatica di sisifo. Il progetto dichiarato dell’opposizione è quello di minare la fiducia della popolazione nel progetto bolivariano, mostrandosi più adatti a governare. Dove non riesce con i colpi bassi, cerca di arrivare con il sabotaggio economico e la guerra psicologica. Intanto, si attende che il Cne fissi la data delle elezioni: secondo Unasur potrebbero tenersi a settembre. Finora, però, l’unica cosa certa è la data delle primarie (3 maggio l’opposizione, 28 giugno il chavismo). Importanti novità caratterizzano il percorso di approfondimento che sta portando avanti il Psuv, che dovrà presentare il 50% di donne e farspazio ai giovani con identico spirito innovativo. Una spinta al futuroevidenziata dalla grande vitalità dell’8 marzo, che ha mostrato il camminopercorso dalla libertà delle donne e il loro potere di rappresentanza. Per giustificare che le sue primarie non si svolgeranno su tutto il territorio nazionale, e avallare gli inciuci interni, la coalizione opposta – la Mud – ha detto che risultano troppo costose (1,7 milioni di dollari) e che non se lo può permettere. Nonostante i fiumi di denaro che arrivano dagli Usa? Nonostante la ricchezza che possiedono i sempiterni candidati? E vale ricordare i documenti del sito Wikileaks sulle relazioni speciali della Cia intrattenute con Leopoldo Lopez, attualmente in carcere e sotto processo. E così, i militanti di base gridano alla truffa. E il Psuv rincara: “Stanno facendo il giro degli imprenditori per vendere a caro prezzo le poltrone”.

Che il piano per sovvertire l’ordine costituito sia da tempo in gestazione, è deducibile anche da un altro episodio, capitato a chi scrive qualche mese prima che scoppiassero le guarimbas. Camminando per le strade della capitale succede di parlare con la proprietaria di un negozio, che dice di avere amici in Venezuela: amici benestanti, precisa, dai quali gradirebbe farsi ospitare come ha già fatto in precedenza. “Però mi hanno detto di aspettare, che tra qualche mese silibereranno di Maburro”. Il nome del presidente Maduro viene storpiato così perché burro significa asino, ma la commerciante non lo sa e crede sia il suonome vero.

Niente di nuovo, si dirà, la borghesia difende sempre i propri privilegi con ogni mezzo. Lo si è visto nel Cile di Allende e poi nel Nicaragua minato dai Contras. Lo si è visto nei golpe “istituzionali” compiuti contro l’allora presidente dell’Honduras Manuel Zelaya e contro Fernando Lugo in Paraguay. Lo si è visto contro Chavez e ora contro Maduro. Com’è accaduto durante gli attacchi a Cuba, colpisce la sproporzione di mezzi impiegati contro un piccolo (ma petrolifero) paese. Colpisce la sfacciataggine con cui un Vargas Llosa mente sapendo di mentire, a dispetto di fatti e di evidenze. La borghesia si toglie i guanti bianchi e si schiera. Contro il “cattivo” esempio che viene dal socialismo bolivariano. Contro la Grande Paura.

Al campo che la contrasta, il compito di non farsi rubare il futuro.

Narrazioni Tossiche: Funzionari statunitensi, chiamati “terroristi”, deridono il divieto di entrare in Venezuela

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Quarto appuntamento con il mercoledì delle Narrazioni tossiche. Hannah Dreier firma per Associated Press (qui nella versione del Los Angeles Times, datata 1 marzo) un articolo che schernisce le iniziative del governo bolivariano, dando spazio alle arroganti repliche di tutti quei funzionari a stelle e strisce chiamati in causa dalle nuove direttive dell’amministrazione Maduro.

 

“I’ve always wanted to travel to a corrupt country that is not a free democracy. And now Castro’s lapdog won’t let me!” he wrote on Twitter.

 

I politici conservatori statunitensi, a cui il Presidente socialista Nicolas Maduro ha proibito di entrare in Venezuela, stanno prendendo la restrizione come una medaglia all’onore.

Sabato sera, Maduro ha disposto una serie di misure contro diplomatici e turisti nordamericani, includendo la promessa di limitare la presenza degli ambasciatori nel paese e imporre la necessità del permesso turistico.

Maduro ha inoltre rilasciato una lista di funzionari conservatori Usa a cui non sarebbe permesso di viaggiare in Venezuela. Fra questi, l’ex presidente George W. Bush, l’ex vice presidente Dick Cheney e numerose personalità del congresso.

 “Non possono venire in Venezuela perché sono  terroristi”, ha detto Maduro alla folla che ha radunato in protesta dell’imperialismo. “Fuori di qui, terroristi”.

Ileana Ros-Lehtinen, Rappresentante Repubblicana dello stato della Florida, dal profilo Twitter si è detta orgogliosa di essere nella lista, data la buona compagnia. Un altro Repubblicano, Mario Diaz-Balart, ha espresso un falso disappunto:

 “Ho sempre voluto viaggiare in un paese corrotto e senza democrazia. E ora il cagnolino di Castro non me lo permette!”, ha scritto su Twitter.

 Alcuni importanti critici dell’amministrazione Maduro vedono nel nuovo divieto l’opportunità di schiacciare il governo. Il Senatore Marco Rubio, Stato della Florida, ha detto in una nota che non c’è bisogno di andare a Caracas per fronteggiare il regime.

 “Non importa dove io sia, continuerò a mettere in luce le responsabilità di Nicolas Maduro e del suo regime sulle uccisioni, sull’abuso dei diritti umani e sul disastro economico in cui si trova il Venezuela”, ha dichiarato il Senatore.

Analogamente, il Senatore Democratico Bob Menendez, New Jersey, ha promesso che il divieto non avrà effetti sulla sua volontà di scagliarsi contro il governo Maduro.

 Gli Stai Uniti recentemente hanno proibito l’entrata nel paese ad alcuni importanti dirigenti venezuelani, accusati di violazione dei diritti umani.

 Il Ministro per le Relazioni Internazionali Delcy Rodriguez ha detto domenica di voler lavorare per rendere velocemente operativo il nuovo regolamento, aggiungendo che le restrizioni sui permessi sono una questiona di imparzialità.

 “Non è nulla di inusuale. I venezuelani devono sborsare dollari solo per richiedere il visto per andare negli Stati Uniti, anche se questi non sono garantiti”, ha detto il Ministro.

 Sabato, Maduro ha suggerito di voler spremere il numero dei funzionari nordamericani autorizzati in Venezuela, riducendoli da un centinaio di persone fino ad una manciata, mossa che potrebbe complicare la procedura del visto per i cittadini venezuelani. L’anno scorso l’ambasciata statunitense a Caracas sospese temporaneamente il rilascio del permesso turistico, ufficialmente per questioni legate ai dipendenti.

 La tensione è andata crescendo in Venezuela dopo che un poliziotto ha ucciso un quattordicenne durante una protesta anti governativa, e l’arresto del sindaco di Caracas da parte della polizia. Il Bolivar ha segnato un record negativo visto l’esteso utilizzo del mercato nero per il cambio di valuta, e l’indice di gradimento nei riguardi di Maduro sta marcendo verso un misero 20%.

 Critici di governo hanno manifestato per chiedere ai diplomatici vaticani in missione a Caracas l’intervento di Papa Francesco.

 Domenica, il primo Papa latino americano ha detto in un discorso pubblico che spera nella fine della violenza politica in Venezuela e nell’inizio di un dialogo costruttivo tra il governo e l’opposizione. Ha aggiunto che stava pregando per il ragazzo quattordicenne.

 

Articolo originale: http://www.latimes.com/travel/cruises/sns-bc-lt–venezuela-us-20150301-story.html

Golpismo permanente in Venezuela

nicolas-maduro11di Maddalena Celano da www.ilsudest.it

Questo 13/02/2015 il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, afferma pubblicamente che il suo Governo è riuscito a vanificare un nuovo piano eversivo contro le attuali autorità governative venezuelane ed ha annunciato che sono state fermate un gruppo di persone imputabili del piano sovvertitore, tra le quali degli ufficiali dell’aviazione militare: tutto fa parte di una strategia “tracciata da Washington.” È stato disarticolato, è stato smantellato un attentato golpista contro la democrazia, contro la stabilità della nazione Venezuelana, affermò Maduro durante l’ atto di commemorazione del Giorno della Gioventù a Caracas. Il presidente venezuelano indica che si tratta di un tentativo di servirsi di un gruppo di ufficiali dell’aviazione militare per provocare un evento violento, un atto terroristico che sarebbe stato un tentativo di rivisitazione del colpo di Stato che si pianificò l’anno scorso, denominato “colpo azzurro”. Informò che tra la notte del 12 febbraio e l’alba del 13 sono stati arrestati buona parte dei mandanti e dei complici del piano eversivo. I militari golpisti avevano l’ordine di registrare una videocassetta per altri militari che si trovano in carcere, per partecipare ad piano di violento attacco aereonautico contro il palazzo presidenziale di Miraflores. Il 12 febbraio stavano cercando di provocare numerose morti a Caracas ed altre morti all’interno del paese, presso altre manifestazioni dell’opposizione. Il piano improvvisamente denunciato da Maduro avrebbe varie fasi, tra le quali si racconta dell’ “imboscata economica” che stava già per prodursi attraverso l’ occultamento, presso magazzini clandestini, di prodotti basilari e l’ incitamento ai saccheggi. Una crisi causata artificialmente anche con l’ aiuto di militari vicini agli oppositori. Segnalò, inoltre, che i golpisti avevano assicurato agli Stati Uniti ed al suo Governo che una volta realizzata l’ “imboscata” economica, l’opposizione si sarebbe proposta per governare il paese.

 DENUNCIA DEL PRESIDENTE NICOLÁS MADURO ALLA NAZIONE E ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DELLE NUOVE AZIONI DEL COLPO DI STATO CONTINUATO CONTRO LAREPUBBLICA BOLIVARIANA DEL VENEZUELA E DELL’ INGERENZA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
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In manette il sindaco di Caracas

Venezuela. Arresto eccellente nell’ambito dell’inchiesta sull’«operazione Gerico». Antonio Ledezma chiamato in causa dagli altri arrestati per il tentato golpe anti Maduro

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Svolta nell’inchiesta sull’operazione Gerico, il ten­tato golpe in Vene­zuela. La magi­stra­tura ha ordi­nato l’arresto del sin­daco della Gran Cara­cas, Anto­nio Lede­zma, lea­der del par­tito di oppo­si­zione Alianza Bravo Pue­blo. Nella notte di gio­vedì, gli agenti del Sebin – il Ser­vi­zio boli­va­riano di intel­li­gence – hanno fatto irru­zione nel suo appar­ta­mento in Torre Exxa, nel muni­ci­pio Cha­cao. Una zona di classe medio alta, gover­nata dall’opposizione e ful­cro delle pro­te­ste vio­lente scop­piate il 12 feb­braio dell’anno scorso (43 morti e oltre 800 feriti). Quest’anno avrebbe potuto finire anche peg­gio se fosse andata in porto l’operazione Gerico, che – secondo i rap­porti di intel­li­gence — pre­ve­deva il bom­bar­da­mento dall’alto delle prin­ci­pali sedi poli­ti­che gover­na­tive e l’uccisione del pre­si­dente Nico­las Maduro.

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IL GOLPE SVENTATO E LA FORMULA “MAGICA” DEL 31F.

Il nuovo editoriale di Geraldina Colotti per Caracas ChiAma.

Prove di golpe in Venezuela. Un gruppo di ufficiali dell’aviazione, in combutta con personaggi diell’opposizione e solidi appoggi in Nordamerica, progettava di uccidere il presidente, bombardare Miraflores e prendere la guida del paese, confidando in una nuova esplosione di guarimbas (micidiali tecniche di guerriglia di strada inventate dall’estrema destra). Questa la denuncia di Nicolas Maduro, che ha diffuso i particolari del piano con tanto di mappe, nomi e cognomi. Un carnevale di sangue nel Carnevale in corso in Venezuela.

Sull’efficacia di un pianosimile, per fortuna, è lecito dubitare. Quell’aereo Tucano “importato dall’estero” per sganciare gli ordigni avrebbe fatto poca strada nei cieli della capitale: per la reazione delle Forze armate, nella stragrande maggioranza leali algoverno, e per quella del popolo venezuelano, sempre allerta in momenti di crisi come quella attuale.

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Venezuela, il manifesto dei golpisti per il ritorno al passato

Caracas. I movimenti si mobilitano dopo il golpe sventato.

di Geraldina Colotti, il Manifesto – 14.2.2015

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Le Forze armate venezuelane esprimono lealtà al socialismo

Dall’America latina, all’Europa, sini­stre e movi­menti sociali si mobi­li­tano per soste­nere il Vene­zuela di Nico­las Maduro, dopo la sco­perta del colpo di stato sven­tato dall’intelligence. Anche Erne­sto Sam­per, segre­ta­rio gene­rale dell’Unione delle nazioni suda­me­ri­cane (Una­sur), nono­state rap­pre­senti un governo di tutt’altro segno (quello del colom­biano Manuel San­tos), ha affer­mato: «Le pos­si­bi­lità di un golpe mili­tare in Vene­zuela rive­lano una pre­oc­cu­pante esca­la­tion di vio­lenza con­tro la sua demo­cra­zia». L’organismo regio­nale ha come prin­ci­pale con­se­gna pro­prio quella di tute­lare i governi demo­cra­tici che ne fanno parte, e così Sam­per ha espresso l’appoggio dell’Unasur al pre­si­dente Nico­las Maduro.

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Comunicato della Rete di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana contro il tentativo di golpe e in appoggio al presidente Nicolás Maduro Moros

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Comunicato.

Respingiamo con decisione gli attacchi dell’imperialismo e delle destre alla Rivoluzione socialista bolivariana.

Rivolgiamo un forte abbraccio solidale ai compagni e alle compagne di Telesur, obiettivo costante della violenza eversiva

Esprimiamo il nostro più fermo appoggio al popolo venezuelano e al suo governo “di strada” diretto dal presidente, Nicolás Maduro.

Si rassegnino, le forze del capitale, le classi popolari venezuelane hanno scontato sulla propria pelle i costi delle loro ricette, hanno inciso nella memoria il piombo della loro “democrazia”, i volti delle vittime del Caracazo e quelli del golpe contro Hugo Chávez, nel 2002.

Ogni giorno, il popolo venezuelano manifesta al grido di: ¡NO VOLVERAN!

Dalla solidarietà internazionale, massima vigilanza contro i piani eversivi e la guerra mediatica contro il socialismo. Da Caracas a Roma, dall’Avana, a La Paz, a Quito, lo stesso grido: ¡NO VOLVERAN!

Dall’Italia la nostra solidarietà con la rivoluzione socialista bolivariana si fa ogni giorno più forte!

14 febbraio 2015

Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana

“Caracas ChiAma” – caracaschiama.noblogs.org