Pubblichiamo l’intervista al Presidente del Wallmapuwen, strumento politico delle popolazioni indigene del territorio Mapuche.
Traduzione di Raffaele Piras.
ci abbeveriamo delle lotte di altri popoli del mondo che sono referenti necessari delle resistenze per l’autonomia, come i Paesi Baschi, la Catalogna, la Palestina, il Kurdistan ed il popolo del Sahara Occidentale
Con i suoi 30 anni, Ignacio Astete Nahuelcoy presiede il partito politico chiamato, insieme ad altre forze, a conquistare lo statuto autonomo di tutti gli abitanti del territorio mapuche nel paese cileno. E’ nato nel comune di Saavedra nella regione della Araucanía, territorio Lafquenche, e si è laureato in Contabilità e Finanza dell’Università di La Habana, Cuba. Racconta la sua dirigenza studentesca nell’Università di LaFrontera de Chile e ci spiega che “Wallmapuwen (‘ciudadano del país mapuche’) è un movimento autonomista che è situato nel territorio del Wallmapu (‘paìs mapuche’), il quale si trova sotto il dominio dello Stato Cileno all’incirca dal 1885, ovvero dalla “Pacificaciòn dela Araucanía”. Questa, tuttavia, altro non fu che un’occupazione ed usurpazione di un territorio che fin a quel momento era di sovranità del popolo mapuche”, ed aggiunge che “Wallmapuwen è nata una decade fa (2005) e porta avanti la missione di fare esercizio del diritto all’autodeterminazione e del diritto all’autonomia che ci spetta come popolo. L’obiettivo è quello di ottenere l’amministrazione mapuche del suo luogo, con tutte le caratteristiche che possiede il territorio oggi. Il suo funzionamento interno è semplice, effettivo e democratico. Si basa su un consiglio direttivo orizzontale eletto dall’Asamblea General, ed allo stesso modo vengono risolte le sue politiche principali. Comanda l’assemblea. Esistono comitati comunali decentralizzati con piena capacità decisionale”.
Partite da un’analisi concreta della situazione reale del territorio?
Infatti. Per questo motivo il nostro movimento tiene anche in considerazione il fatto che il territorio è occupato non solo dai mapuche, ma anche da altre popolazioni, come quella cilena. Pensiamo dunque che i diritti collettivi di entrambi i popoli debbano stare a parità di condizioni.
“Somos una fuerza anticapitalista”
Qual è la differenza dello strumento Wallmapuwen rispetto alle altre iniziative politiche esistenti nel territorio mapuche che resiste?
“Non esiste altro movimento che partecipi alle elezioni e che sia situato nel territorio mapuche. Siamo l’unica organizzazione politica che reclama dal campo elettorale un territorio autonomo di amministrazione propria. Altra differenza è che noi rivendichiamo un territorio per tutti quelli che lo vivono, tanto per i mapuche quanto per i cileni. Per il resto dei partiti del sistema politico, i mapuche sono solo il fattore indigeno. Wallmapuwen è uno strumento che si allontana dai ghetti politici e che persegue l’obiettivo secondo cui ambo i popoli, mapuche e cileno, che hanno vissuto separati dal confronto continuo, possano vedersi come abitanti di uno stesso luogo, capaci di convivere rispettosamente”.
Riguardo le versioni politiche provenienti dal puro nazionalismo che, per ragioni storiche provenienti dall’oppressione dello Stato , si inalbera come caposaldo esclusivo per la liberazione ?
“L’identità nazionale esiste, certamente. Tuttavia, la nostra visione di nazione è democratica. Il nostro orizzonte è la radicalizzazione della democrazia. Non possiamo ne tantomeno vogliamo negare il diverso. Al contrario. Non parliamo del non-mapuche, parliamo del cileno. Non partiamo dall’esclusione. Nel nostro territorio ci sono mapuche e cileni in tutti gli ambiti della vita, e con loro condividiamo la vita stessa. Da questa realtà ineludibile, noi pretendiamo il principio dell’autonomia. Evidentemente ci sono conflitti con determinate persone e soggetti cileni, però l’immensa maggioranza della popolazione non si trova all’interno di tale conflitto.
Però l’accento è posto sul popolo Mapuche ovviamente…
Siamo stati oggetti di razzismo, criminalizzazione ed impoverimento dallo Stato cileno. Siamo i più castigati tra i castigati nel nostro stesso territorio. Siamo sottomessi economicamente, culturalmente, politicamente e militarmente. È in questo contesto basico che riconosciamo la coabitazione e l’inclusione dei popoli, sotto gli stessi diritti. E siamo rispettosi dei diritti umani e dei diritti cittadini di tutti quanti. Per questo non vogliamo fare proposte che schiaccino il cileno che vive con noi. Sarebbe un controsenso. Soprattutto, perché la maggioranza dei cileni che vive il territorio soffre i nostri stessi problemi: povertà, insalubrità e discriminazione”.
Cioè voi sostenete una prospettiva analitica che rivela le forme di dominazione globale e non solo del popolo Mapuche…
“Non siamo estranei al movimento del capitalismo mondiale ed ai suoi effetti nefasti in Cile. Non siamo estranei ai colpi sistematici inflitti al popolo lavoratore in generale. Il Wallmapu è vittima del capitalismo promotore di miseria, della dispersione del nostro popolo e della morte. Siamo contrari all’assoggettamento all’industria forestale ed all’insieme di progetti idroelettrici e termoelettrici che semplicemente deteriorano ancora di più la nostra pessima condizione di vita di mapuche e di cileno. Siamo parte delle relazioni sociali imposte dal capitalismo. Anche per questo siamo una forza anticapitalista”.
Lo scontro culturale
Qual è il programma Wallmapuwen ?
“Trasformare il paesaggio del Wallmapu dalla base. Attualmente siamo impegnati ad affrontare le elezioni municipali di fine 2016 come partito politico legalizzato, senza dover stipulare alleanze che potrebbero obbligarci ad attenuare aspetti fondamentali del nostro progetto. L’idea di vincere i comuni è relazionata con la promozione dei diritti da tutti gli spazi possibili. Già abbiamo raggiunto esperienza, per esempio, nel comune di Galvarino della provincia di Cautìn, nona regione, che consacriamo come primo municipio bilingue del Wallmapu e del Cile (impartizione formativa della lingua mapudungun). Abbiamo realizzato campagne con l’obiettivo che l’intendente dichiari tutta la regione dell’Aracaunìa come bilingue. Il contesto generale delle nostre lotte è che lo Stato cileno capisca una volta per tutte che non siamo un anello economico in più della sua strategia ed egemonia. È irrisorio il fatto che il nucleo centrale del Wallmapu sia uno dei territori più impoveriti del Cile e allo stesso tempo sia inchiodato dall’industria forestale, una delle forme di saccheggio che riporta al P.I.L. il più alto numero di dividendi, dopo l’estrazione mineraria. Questo deve finire”.
E politicamente ?
Il Wallmapu deve convertirsi in un territorio di decisione. Attraverso un progetto costituente, lottiamo perché la Costituzione tenga conto della realtà plurinazionale e plurilinguistica del paese. Nel nostro strumento politico non abbiamo ricette né modelli, però sappiamo che l’insieme della popolazione del Wallmapu deve poter definire quale sarà la propria Carta Fondamentale che disciplini democraticamente e partecipatamente il territorio. Analogamente, crediamo che nel Wallmapu debba realizzarsi una riforma agraria generale che ci riconsegni tutti i territori usurpati, tanto quelli rubati durante l’invasione spagnola, quanto la terra delle comunità contadine che attualmente soffrono una situazione di emarginazione. Miriamo alla sovranità alimentare in modo che anche i piccoli produttori cileni siano beneficiati”.
Perché istituzionalizzare la lotta autonoma politica mediante la costituzione di un partito legale?
“Perché attraverso uno strumento politico pretendiamo potenziare le richieste sociali e d’autonomia. Il partito non può mai essere fine a se stesso. Il suo obiettivo è legato alla liberazione delle forze sociali per le rivendicazioni. Il Wallmapuwen s’imposta come un catalizzatore in più del movimento popolare territoriale. Da qui siamo aperti a possibile alleanze con tutte e tutti quelli che credono in un Wallmapu libero, autonomo e sovrano. Così è stato fino ad ora e così sarà in futuro”.
A quali successi per il territorio ha collaborato in modo sostanziale Wallmapuwen?
“Abbiamo collaborato affinché la commissione di decentralizzazione presidenziale del Cile preveda che il Wallmapu si trasformi in un territorio autonomo distinto dal resto del territorio cileno. Noi fummo parte di questa discussione, indipendentemente se questa diventi poi realtà o meno un domani. Allo stesso modo, siamo stati parte di un amplio movimento che cerca l’ufficializzazione della lingua mapuche, del mapundugon. Dobbiamo smontare l’apartheid e l’esclusione della cultura dell’identità attraverso l’insegnamento e la diffusione della nostra lingua. Questo è ciò che sta accadendo nel comune di Galvarino. Abbiamo poi realizzato il 20 febbraio del 2015, nel contesto del giorno internazionale della lingua materna, una marcia di due mila persone per la rivendicazione all’intendente regionale dell’ufficializzazione del mapudungu. Il nostro messaggio è diretto all’esecutivo così che ci faccia sapere il suo giudizio”.
La solidarietà internazionalista
E l’internazionalismo del Wallmapuwen?
“Miriamo sempre e ci abbeveriamo delle lotte di altri popoli del mondo che sono referenti necessari delle resistenze per l’autonomia, come i Paesi Baschi, la Catalogna, la Palestina, il Kurdistan ed il popolo del Sahara Occidentale. Le loro lotte ci ispirano perché sappiamo che noi non stiamo inventando la ruota. Di questi popoli facciamo nostro il meglio della loro resistenza. In particolare in materia di scontro per l’ufficializzazione della nostra lingua, con i Paesi Baschi abbiamo sempre avuto una vicinanza fraterna e solidale”.