Traduzione di Raffaele Piras
Sono passati già 6 mesi da quando il governo messicano ha compiuto un massacro senza precedenti nella storia del paese. Il 26 settembre del 2014 a Iguala, Guerrero, è stato massacrato un gruppo di studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa e sono stati poi detenuti/fatti sparire 43 di loro.
Da allora un movimento multitudinario ha preso le strade esigendo giustizia. Praticamente in tutto il paese studenti, lavoratori e le fasce più povere della popolazione si è riversata in strada con il motto Vivos se los llevaron, vivos los queremos !
Le proteste hanno raggiunto un punto molto avanzato di mobilitazione il 20 novembre del 2014. Molti analisti considerano quella manifestazione storica per diversi motivi: l’imponenza, l’emotività e l’unità tra sindacati e settori popolari. I numeri della mobilitazione variano, ma chi di noi si trovava in quel fiume umano che ha protestato da diversi punti sa che eravamo almeno centinaia di migliaia, e diversi mezzi di comunicazione hanno calcolato in 2 milioni la cifra di manifestanti in tutto il Messico.
Anche l’emotività fu impressionante: per un momento avevamo obbligato il governo federale a sgomberare il Zócalo di Città del Messico e ad annullare la parata militare. La partecipazione del movimento giovanile e popolare si è affiancata ai sindacati, come quello dei lavoratori della telefonia, nella realizzazione di uno sciopero nazionale, confluendo nella mobilitazione in tutto il paese.
Il caso Ayotzinapa ha messo in crisi il regime messicano. Le parole d’ordine della mobilitazione recitavano #FueElEstado. Il movimento ha colpevolizzato tutti i partiti del congresso (PRI, PAN, PRD) e ha denunciato che tutto il paese è marcio.
Gli eroici familiari dei 43 studenti non hanno cessato di mobilitarsi giorno e notte per ottenere la presentazione con vita dei ragazzi, e hanno sollecitato una trasformazione dalla radice di tutto il paese. Insistono che è stato lo Stato e hanno denunciato che il Batallón 27 delle forze armate si trova implicato nel massacro.
Anche se il governo cerca di insabbiare la vicenda presentando la verità storica secondo cui i 43 sarebbero stati bruciati nella discarica di Cocula dal crimine organizzato, ci sono indizi dei periti del Equipo Argentino de Antropología Forense, di accademici universitari e degli stessi familiari delle vittime che vedono probabile che le forze armate siano implicate nel massacro.
Offensiva reazionaria: Peña Nieto vuole superare il caso Ayotzinapa e spinge a votare alle prossime elezioni.
Il regime messicano ha realizzato una forte offensiva reazionaria contro il movimento che esige la presentazione con vita dei 43 studenti. In primo luogo la Procuraduría General de la República ha dichiarato che esiste una sola verdad histórica sul caso Iguala: gli studenti sono morti a causa del crimine organizzato.
In secondo luogo il regime è tornato a ricorrere alla repressione a ogni manifestazione. Il 20 novembre, per esempio, gli studenti che sono stati detenuti sono stati portati in carceri di massima sicurezza, seminando il panico nella mobilitazione. A inizio anno è stato assassinato l’attivista Gustavo Salgado a Cuernacava, militante del FPR, ed è stata giustiziata Norma Angélica, della Comisíon de Búsqueda de Familiares Desaparecidos a Iguala.
Con il logoramento della mobilitazione e l’impotenza della strategia delle direzioni sindacali nell’avanzare un piano unificato che concentri lo scontento nazionale, il regime ha avanzato ancor di più con una forte offensiva contro i lavoratori.
Ha imposto un nuovo taglio alla PEMEX con più di 100mila licenziamenti annunciati, tagli alla sicurezza sociale (IMSS, ISSSTE) e ha anticipato la volontà di riforma dell’apparato B dell’articolo 123, che liquida il diritto allo sciopero e alla contrattazione collettiva dei lavoratori del settore pubblico. Ha avuto luogo, inoltre, un recorte alle libertà democratiche con il licenziamento di Carmen Aristegui del MVS, per aver diffuso i casi di corruzione del governo di Peña Nieto.
L’offensiva continua con l’iniziativa di legge che prevede la privatizzazione dell’acqua: gli impresari potranno privatizzare il diritto umano all’uso del liquido vitale.
Il Consejo Coordinador Empresarial, massima organizzazione dei capitalisti del paese, ha lanciato un appello affinché il prossimo processo elettorale si sviluppi nel segno della normalità.
L’esercito messicano in diverse occasioni ha insistito affermando che continuare a diffondere l’idea secondo cui il Batallón 27 sia implicato nella sparizione dei 43 studenti altro non è che una provocazione; mentre l’incaricato alla sicurezza insiste spiegando che i prossimi comizi elettorali si realizzeranno:’’Llegaron a ser desalojadas siete juntas electorales, las siete ya han sido recuperadas. No veo que haya condiciones para que se pueda alterar el proceso electoral’’.
La repressione autoritaria ha raggiunto anche la comunità accademica: per decreto della Secretaria de Gobernación è stato chiuso l’accesso alla Galera 1 dell’Archivo General de la Nación (AGN), in cui lavoravano centinaia di storici alla ricerca di dati di sparizione forzata degli anni 70. Nell’AGN ci sono gli archivi della c.d. ‘’Guerra Sucia’’.
La Comisión Nacional de Derechos Humanos (CNHD) ha emesso oggi una dichiarazione: dopo Ayotzinapa in Messico non siamo più gli stessi. I familiari dei 43 ragazzi, non ricevendo nessun aiuto dalla CNHD, hanno viaggiato in Caravana fino alla Comisión Interamericana e si trovano oggi negli USA per realizzare proteste ed azioni.
A 6 mesi dalla sparizione, Peña Nieto ha lanciato un appello alla partecipazione alle prossime elezioni, e ha dichiarato che ‘’a giugno avranno luogo i comizi più controllati e trasparenti della nostra democrazia’’. Nel messaggio diffuso nella pagina web della presidenza ha dichiarato: ‘’presentiamoci alle urne e riaffermiamo la nostra fiducia verso le istituzioni democratiche, perché con ciascun voto costruiamo un Messico più forte’’.
La democrazia messicana è la ‘’democrazia’’ dei più di 160mila morti, dei 25mila desaparecidos e delle migliaia di sfollati. La nostra democrazia ha convertito il Messico in una fossa clandestina. La sottomissione ai piani statunitensi, con l’applicazione della riforma educativa, del lavoro, energetica, e la forte militarizzazione del paese, hanno messo in evidenza che la nostra democrazia è una ‘’barbarie’’, come detto in diverse occasioni 50 anni fa l’intellettuale marxista José Revueltas.
La storia però è ancora più assurda, e supera le storie di terrore e umore nero. L’Instituto Nacional Electoral (INE) ha scelto uno dei 43 normalisti scomparsi come scrutatore elettorale.
Dal Movimiento de los Trabajadores Socialistas stiamo portando avanti una campagna verso le prossime elezioni in Messico. Pensiamo che questo regime politica sia marcio e irriformabile, e che i lavoratori non debbano votare nessun partito politico del Congresso: né PRI, né PAN, né PRD.
Nel caso del Morena (Movimiento Regeneración Nacional, ndr), anche se si considera un oppositore, nei fatti non ha partecipato a nessuna mobilitazione di ripudio al governo. Come si sa, Andrés Manuel López Obrador ha appoggiato José Luis Abarca, ex sindaco di Iguala e uno dei principali responsabili del massacro del Guerrero. Con la sua strategia utopistica di riformare e democratizzare le istituzioni esistenti, un eventuale rafforzamento del Morena sarebbe solamente funzionale alla legittimazione di questo regime assassino.
Dobbiamo sostenere l’appello dei familiari degli studenti normalisti spariti e ripudiare il processo elettorale. A queste elezioni i lavoratori e le fasce più povere non hanno alternativa. Annulliamo il nostro voto con il motto #Nosfaltan43!